Negli Stati Uniti è il corrispettivo del nostro 17, ma ci credono così tanto che in molti palazzi il tredicesimo piano non esiste. Così, per evitare guai. Esiste nei film: solitamente è stato murato, ma il malcapitato visitatore si ferma con l’ascensore guasto e ci arriva senza sapere come, e allora guai. Per Roger Federer, 13 è semplicemente il numero dei tornei vinti in carriera sull’erba, su 30 giocati: percentuale spaventosa, che ne fa anche il tennista più vincente della storia sul verde. , 121 vittorie e 17 sconfitte, questi i numeri del Re tornato a fare la voce grossa ieri, nella finale dell’ATP di Halle. Contro Mikhail Youzhny c’era da scommettere che sarebbe finita così, nonostante Roger abbia dovuto mollare il primo set al tie break: il russo le ha prese in 14 occasioni, 15 con ieri. Finisce 6-7, 6-3, 6-4 e per Federer è il rilancio perfetto dopo la stagione sulla terra, che lo ha visto prendere schiaffi un po’ da tutti. Nishikori, Nadal, Tsonga: lo svizzero aveva fatto pensare che fosse finito. Non sull’erba, dove se sta bene è ancora il numero uno. “Mi basta mettere a posto un paio di cose”, ha infatti detto a fine torneo. A proposito: Federer ne ha vinto almeno uno per 14 anni consecutivi, solo Ivan Lendl ha fatto altrettanto. Basta questo? Non fosse così, aspettiamo il Re tra una settimana, sul campo in cui ha già trionfato sette volte, cerca il record degli otto titoli e lancia la sfida agli altri big, tra cui Andy Murray che al rientro dall’infortunio ha subito vinto al Queen’s (contro Marin Cilic in finale). Lo scorso anno, ricorderete, Roger arrivò ai Championships nelle stesse condizioni: si diceva fosse finito, gli inglesi quando Murray aveva raggiunto la finale avevano quasi esultato. Bastò poco tempo per far capire a tutti che non era così. Ma la stagione sull’erba sta regalando altre emozioni: mentre si gioca ancora sulla terra (a Norimberga primo titolo WTA per Simona Halep, che ha battuto Andrea Petkovic rientrata e apparentemente in forma), a Birmingham Daniela Hantuchova rivive fasti del passato vincendo il titolo, per lei il numero 6 della carriera (non vinceva da Pattaya 2012). Qui era stata finalista due anni fa: “Non pensavo che un giorno avrei giocato una finale contro una ragazza di 13 anni più giovane di me”, ha detto la slovacca; sì, perchè dall’altra parte della rete, sconfitta ma uscita tra grandissimi applausi, c’era Donna Vekic. Classe ’96, tennista più giovane tra le prime 350 in classifica e da oggi numero 64 del ranking WTA. Per lei, come la stessa Hantuchova ha profetizzato, c’è un futuro luminoso, magari anche da top ten o qualcosa di più, perchè la classe è cristallina e da tempo non si vedeva una minorenne avere questa personalità in campo (aveva già giocato e perso una finale, a Tashkent lo scorso anno). La Croazia se la ride: Ana Konjuh ha un anno meno della Vekic e ha vinto gli Australian Open juniores (anche nel doppio) e raggiunto la semifinale al Roland Garros. Ci sarebbe anche Petra Martic, che ha talento da vendere ma non riesce a esprimerlo sul campo. Se son rose fioriranno, magari a cominciare da Wimbledon: in cima all’ingresso del campo centrale campeggia una scritta che è quasi una profezia. “Se puoi far convivere trionfo e disastro e trattare quei due impostori allo stesso modo”. La frase non si completa: per farlo, basta guardare il palmares di Roger Federer a Londra. Manca una settimana.
(Claudio Franceschini)