Si chiama Dustin Brown e ha 28 anni (ma a dicembre ne farà 29). Stranamente, e curiosamente, è coetaneo di Steve Darcis che due giorni fa ha sorpreso Wimbledon e il mondo andando a battere in tre set niente meno che Rafa Nadal (oggi si è ritirato prima di giocare contro Kubot: ha voluto lasciare da eroe? Senza voler essere maligni, si parla di un problema alla spalla). In un torneo di Wimbledon che ha visto la nostra Karin Knapp al terzo turno dopo la vittoria in rimonta su Lucie Safarova (e attenzione: la potenziale avversaria, Maria Sharapova, ha perso il primo set contro la portoghese Larcher De Brito), dobbiamo registrare la presenza di questo giamaicano che però è di nazionalità tedesca, come il grande Boris Becker che su questi campi ha eletto la sua seconda casa. E’ stato anche numero 89 del ranking ATP ma oggi, quando nel secondo turno ha battuto il campione dei Championships 2002 ed ex numero 1 al mondo Leyton Hewitt, si trova al 189. Quattro set per la grande impresa: . E’ uscito dal campo in lacrime, sotto il tripudio di un pubblico che mentre tifa (con atmosfere simi-stadio) per Andy Murray e Laura Robson va in visibilio per queste storie di carneadi che affondano i grandi. Non che Hewitt sia più quello di inizio millennio: è in calo da tempo, ma sull’erba di Wimbledon è sempre da prendere con le molle, e in più ha nome e storia. Non così Brown, che però esibisce un look, appunto, “Giamaica Style”: maglia senza maniche e treccine. Alla Bob Marley, un simbolo per tutta l’isola da cui Dustin proviene. “Già al primo turno avevo vinto giocando bene, questo mi ha dato fiducia per affrontare l’incontro di oggi nel modo migliore”, ha detto Brown. “Ci devo mettere un attimo per realizzare. Di solito non piango, non sono quel tipo, non so cos’è successo. Stavo giocando contro Lleyton Hewitt, un ragazzo che guardavo in televisione quando ero piccolo”. Ed è già concentrato sul prossimo impegno, che sarà contro Adrian Mannarino: “Più volte sono stato vicino alla vittoria senza poi riuscirci. Ho bisogno di riguardare questo quarto set”. Lo faremo anche noi, per vivere ancora la storia di Dustin Brown, una delle tante piccole favole che capitano sull’erba di Londra. E’ Wimbledon: qui, può succedere. (Claudio Franceschini)