Nella tragedia della morte di Andrea Antonelli a Mosca, nella gara della Supersport che si è disputata domenica sotto il diluvio (clicca qui per il video), incolpevole protagonista è stato anche un altro pilota italiano, Lorenzo Zanetti. Antonelli è scivolato davanti al bresciano, che a causa della pioggia nemmeno lo ha visto e lo ha investito: un impatto che è risultato fatale. Per Zanetti non sono giorni facili questi, pesa il ricordo di un amico che non c’è più: “Correrò per lui, per Andrea. Eravamo amici. Amici e rivali, ma soprattutto amici. Abbiamo iniziato da ragazzini, poi ci sono stati percorsi diversi, alla fine siamo tornati a correre insieme in Supersport. Io ero dell’88, lui dell’87. Gli volevo bene perché era come me, non se la tirava, non faceva il fenomeno”. Dopo un episodio del genere, viene spontaneo chiedersi se Zanetti andrà avanti: “Lo so cosa mi vuole chiedere: se intendo smettere. No, sarebbe come farlo morire due volte. Guardi, io a Silverstone il 4 di agosto ci sarò”, ha detto al giornalista del Corriere della Sera che lo stava intervistando. Nell’incidente si è fatto male pure lui: cammina storto, ha la mano rotta, un ginocchio che gli fa un male terribile e graffi ovunque, è scappato da Mosca subito dopo la disgrazia, stamattina è entrato in una clinica di Brescia per farsi operare, c’è da stabilizzare con un paio di capsule un dito andato in frantumi nell’impatto con l’asfalto russo. Il dolore non è però il problema principale: “Ma è più lo shock, la tristezza, la rabbia, la voglia di tornare a correre. Per Andrea”. Sulle polemiche relative al fatto che si sia corso lo stesso sotto al diluvio, la pensa così: “Ormai è tardi, dovevano decidere prima di partire. Dopo, è troppo facile. Quando si parte, si parte. Quando sono caduto, la telemetria della ruota posteriore segnava 255 chilometri orari, ho pensato che fosse finita, vedevo le moto sfrecciare alla mia destra, alla mia sinistra, una nuvola d’acqua. Quando ho saputo, ho ripensato a mille cose, a noi, all’ultima chiacchierata nel paddock, ai nostri papà, al mio e al suo, che sono amici”. Le immagini non le ha più volute rivedere, la scena è già impressa fin troppo bene nella sua mente. Parla anche il padre di Zanetti, parla del papà di Antonelli, che era a Mosca (Zanetti sr invece era rimasto a casa): “Io e Arnaldo (il papà di Antonelli, ndR) siamo spesso vicini di piazzola, ci prestiamo la presa della corrente, ci aiutiamo a fare rifornimento, andiamo insieme a scaricare le acque nere. Si vive fianco a fianco tre giorni, spesso si pranza insieme con le famiglie, poi su in terrazza con il cronometro in mano, saltando e correndo come se in pista ci fossimo noi. Com’è andato il tuo? E il tuo?”. Domani salirà in cima a Lumezzane per accendere un cero a san Bernardo. “Il Signore ha guardato giù, ma solo per Lorenzo”. “No, papà, non dire così – sorride il figlio -. Lui come me viveva un sogno, il sogno della sua vita. Conosceva la regola”. Corri verso il tuo sogno. Non fermarti.



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