Domenica 28 luglio 2013. Piscina del Palau Sant Jordi, Mondiali di nuoto Barcellona 2013. Finale della 4×100 stile libero femminile. L’Australia è in testa dopo le prime tre frazioni, davanti a Stati Uniti e Olanda. Si tuffano Alicia Coutts e Megan Romano, e sembra finita lì; e invece la 22enne americana nuota in 52”60 e dopo una progressione interminabile riprende la ben più quotata avversaria e tocca per prima, con 12 centesimi di vantaggio. Mentre Megan e le compagne degli Stati Uniti festeggiano, nella corsia a fianco, la numero 5, si consuma un dramma: le compagne cercano di consolare una disperata Alicia Coutts che, in zona mista, non riesce a trattnersi. “Per la prima volta nella mia carriera sento di averle abbandonate”, riferito a Cate e Bronte Campbell e Emma McKeon. Immediata la replica: “Assolutamente no, senza Alicia non saremmo nemmeno arrivate seconde. Siamo tutte fiere di lei, ha fatto tre finali stasera che è più di quanto farà il nostro intero team. E’ entrata in acqua, e ha fatto quello che doveva”. Un senso di attaccamento alla squadra d’altri tempi; senonchè il contenzioso continua. La Coutts riceve commenti poco onorevoli sui social network, cose come “hai perso perchè non sei stata abbastanza veloce”, oppure “tagliatele i fondi” (tagliatele i fondi?). Finchè Alicia non deve utilizzare il suo Twitter (sul quale è comunque molto presente, fino a chiedere ai fan consigli per idee di matrimonio – si sposerà a breve) e postare quanto segue: “Mi scuso se ho sconvolto l’Australia per aver mostrato di essere umana. Le emozioni hanno preso il sopravvento”. E qualcuno si lamenta: “Cosa c’è di male in una medaglia d’argento?”. Già: cosa c’è di male? Niente, sulla carta: abbiamo visto tanta gente, quest’anno come in altre edizioni, essere felice e festeggiare un secondo posto. Basti pensare a Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri, alla 4×100 mista del Giappone a Londra 2012 (un bronzo festeggiato più di un oro), o a Mireia Belmonte Garcia. O alla stessa Alicia Coutts: che quest’anno di argenti ne ha vinti tre a livello individuale, senza mai salire sul gradino più alto del podio, eppure ha sempre mostrato grandi sorrisi. E allora, dov’è il problema in un secondo posto? Ecco qual è: che nelle staffette si nuota in quattro, e può succedere che una frazione più lenta del previsto condizioni tutti i compagni. Come è accaduto all’Australia (che momenti emozionali del genere li aveva già vissuti alle Olimpiadi, con Emily Seebohm: anche allora un argento). Può succedere allora che la Coutts, cinque medaglie ai Giochi di Londra e tre a Shanghai, invece di uscire dall’acqua e dire che “tutto sommato chi se ne importa, io i miei trofei li ho vinti”, si senta in colpa per non aver dato tutto. Può succedere che si senta responsabile dell’oro mancato da lei e dalle compagne, e che sappia bene come la prossima occasione arriverà tra due anni. Che significa ancora duro lavoro, allenamenti, sveglie all’alba, e chissà, magari, quali contrattempi (a proposito: quante volte si pensa “beati loro, che non sanno cosa significa lavorare” e poi leggiamo sconvolti che alle cinque del mattino sono già in piscina e ci chiediamo “ma come fanno?”)Può succedere, in definitiva, che questi super atleti che sembrano dei mostri senza sentimenti che pensano solo a sparare bracciate su bracciate abbiano emozioni e sentimenti, come tutti gli esseri umani. Katie Ledecky, probabilmente destinata a entrare nella top ten dei dieci nuotatori più grandi di sempre, lo scorso anno scoppiò in lacrime quando una bambina di 7 anni, sua vicina di casa, le raccontò di come aveva seguito in fibrillazione la sua trionfale gara londinese (è tutto documentato su video); “è commovente pensare che tanta gente abbia visto la mia gara”, così aveva commentato. Allo stesso modo, ci può stare sentirsi “male” per non aver centrato l’obiettivo. Perchè alla fine è questo che fa la differenza: la voglia di migliorarsi sempre, che passa anche attraverso le emozioni. E poi, diciamola tutta: qualche minuto dopo Alicia Coutts sorrideva sul podio con tutte le altre. Perciò, possiamo anche chiederci perchè un argento faccia piangere di frustrazione e ritenerla una reazione esagerata; basta che poi non ci lamentiamo se certi eroi dello sport sembrano inarrivabili nelle loro pose alla Ivan Drago. (Claudio Franceschini)



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