Forse i tatuati giocatori di calcio dei nostri giorni non sanno nemmeno chi sia. Eppure Leonidas da Silva, noto più semplicemente come Leonidas, fu uno dei più importanti e celebrati calciatori del suo tempo, indubbiamente il primo fuoriclasse della scuola brasiliana, destinata poi a diventare una delle più incredibili e prolifiche fucine di campioni del mondo. Il “diamante nero”, che fu chiamato anche perché fu uno dei primi futebolistas di colore, nacque esattamente cento ani fa a Sao Cristovao, sobborgo di Rio de Janiero il 6 settembre 1913 da una famiglia che si poteva considerare per il tempo mediamente agiata. Non era altissimo, un metro e settantatré, ma inizialmente si diede al basket, sport nel quale sembrava assai portato. Ma un giorno un allenatore del Sao Cristovao lo vide giocare in strada e lo convinse a cambiare sport regalandogli un paio di scarpe. Fu così che nacque la sua leggenda, fatta di una salva di episodi incredibili e d epici che vedevano come scenario uno sport, quello del calcio, già popolarissimo in Brasile ma ancora lontanissimo da quello moderno, in cui l’improvvisazione, l’inventiva e le novità erano all’ordine del giorno. Centravanti abilissimo e tecnico, capace di segnare – almeno per gli annali per la verità assai poco precisi del tempo – quasi cinquecento gol nel campionato brasiliano e 37 – in 37 partite – con la nazionale verdeoro, vestì le maglie del Vasco da Gama, del Botafogo, del Flamengo e del San Paolo fra il 1929 e il 1950.
Fortissimo nel gioco aereo e nelle azioni in acrobazia, in brasile giurano che nessuno prima di lui aveva mai fatto una bicicleta, ovvero il gesto tecnico oggi a noi noto come “rovesciata” e ne indicano addirittura l’origine precisa: dicono fosse il 24 aprile 1932 quando giocava nel Buonsuccesso e la sua squadra vinse 5-2 contro il Carioca. Era talmente plastico nelle sue acrobazie da guadagnarsi un secondo nomignolo: “Homem Borracha”, “Uomo di gomma”. La sua punta massima in carriera furono senza alcun dubbio i Mondiali francesi del 1938: della seleçao allenata da Ademar Pimenta era senza dubbio la punta di diamante. A quel Mondiale sfortunato sono legate alcuni incredibili aneddoti, fra i tanti legati al nome di Leonidas.
Contro la Polonia negli ottavi di finale il Brasile vinceva 2-0 quando scoppiò un biblico temporale che trasformò in un acquitrino il campo. I polacchi rimontarono nella palta e, nel secondo tempo, i brasiliani decisero di giocare scalzi. Vinsero 6-5 dopo i tempi supplementari e Leonidas segnò tre reti. Quando l’arbitro , insospettito in mezzo al tempo da tregenda, gli chiese di fargli vedere le scarpe, lui ficcò i piedi nel fango. E lo ingannò. In semifinale con l’Italia, il c.t commise l’errore capitale di tenerlo fuori, certo della vittoria, per averlo fresco in finale. Il Brasile perse e la guerra impedì a Leonidas di avere un’altra chance. Altro calcio e altri tempi. Leonidas è scomparso a 91 anni nel 2004.