Chissà che non le abbiamo portato bene. All’inizio dell’avventura degli Us Open juniores IlSussidiario.net aveva avuto modo di intervistare in esclusiva Ana Konjuh, croata classe ’97 che giocava a Flushing Meadows il suo ultimo torneo di categoria prima di passare nei pro. Era il 2 settembre: sei giorni più tardi la Konjuh solleva il trofeo di New York e saluta così nel migliore dei modi il mondo dorato ma anche tremendamente complesso degli juniores. La sua finale è durata 2 ore e 48 minuti: un’enormità per questi livelli, dove gli scambi sono meno lavorati e prevale l’impulsività. E’ finita con il tie break decisivo vinto da Ana 8-6: alla sua avversaria grandi applausi, cappelli levati e la certezza di un futuro radioso, perchè Tornado Alicia Black (il primo nome è ormai ufficiale nei tabelloni, retaggio di quando era bambina e rimasto nonostante qualche iniziale reticenza) è nata nel 1998, era entrata nel torneo con una wild card e ha fatto fuori avversarie come Barbora Krejcikova, testa di serie numero 4, e Antonia Lottner (7), che peraltro ai quarti di finale aveva eliminato Belinda Bencic, la numero 1 del tabellone e del ranking juniores, che arrivava da due Slam vinti consecutivamente e puntava al terzo prima di, anche lei, diventare ufficialmente professionista. Che Tornado potesse completare la grande impresa ci hanno creduto tutti: quasi fosse avvolta da una corazza protettiva e da un campo di forza che la spingeva a non sbagliare nulla, l’americanina ha vinto il primo set 6-3, facendo quasi subito il break e controllando il ritmo nel secondo parziale, arrivando fino al 4-4. Ma qui è venuta fuori la vera Konjuh, che in un mondo in cui gli ace quasi non esistono ne ha piazzati praticamente 5 a partita (lo stesso numero di questo pomeriggio) ha fatto valere il seeding (2) più elevato e un paio di anni da semi-dominatrice: break e 6-4, e poi via con un terzo set nel quale da un momento all’altro si è avuta la sensazione che una delle due potesse avere il sopravvento. Non è stato così, e si è andati al tie break: dove la croata ha avuto la meglio con freddezza e determinazione. Forse per Alicia Black sarebbe stato troppo vincere una finale Slam con uno 0 alla voce vincenti, ma se dall’altra parte ci sono 3 errori gratuiti (8 comunque per l’avversaria) si capiscono tante cose. L’americana ci riproverà, mentre la Konjuh no: lei va a trovare le sorelle maggiori con un curriculum juniores di tutto rispetto. Due Slam (a gennaio aveva vinto gli Australian Open, anche nel doppio), l’Orange Bowl, l’Eddie Herr di Bradenton, il Torneo Internazionale di Offenbach e, in mezzo, l’ITF di Montpellier, primo trofeo al piano di sopra, dove è già entrata nelle prime 300 al mondo. Pensate: a questa finale ha rischiato di non arrivare nemmeno, se non avesse rimontato al primo turno uno svantaggio di 5-7 1-4 contro Jelena Ostapenko (poi, le altre avversarie le ha distrutte). Risalite simili appartengono alle grandi: se Ana Konjuh lo diventerà, e presto giocherà sul cemento dell’Arthur Ashe Stadium e non sul campo 11 (che però, immaginiamo, le resterà sempre nel cuore), spetta al futuro dirlo. Per il momento complimenti: gli Us Open juniores sono suoi, e non è certo poco. (Claudio Franceschini)



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