Ed ecco servita la finale femminile degli Australian Open 2014: dalle partite della notte viene fuori Cibulkova-Li. Se qualcuno prima del torneo, o anche solo intorno al terzo turno, avesse immaginato e pronosticato un epilogo simile del tabellone WTA, probabilmente gli avrebbero riso dietro ed elencato almeno sei o sette giocatrici prima di queste due, quantomeno della slovacca. E invece, ancora una volta il circuito al femminile si conferma imprevedibile; meglio, conferma che tolte le prime tre della classe (Serena Williams-Azarenka-Sharapova) la differenza tra quelle che gravitano tra quarta e trentesima posizione del ranking non è poi tanto netta. Il tennis in gonnella di oggi è così: forse lo è sempre stato (come non ricordare la finale Myskina-Dementieva al Roland Garros?), solo che un tempo chi dominava lo faceva sul serio, quasi senza pause. Oggi no. Oggi, Serena soffre il caldo di Melbourne e gli acciacchi alla schiena, e inizia a carburare da marzo-aprile; oggi Victoria Azarenka fa alti e bassi, non sempre è in forma e se non le funziona il servizio è del tutto vulnerabile; oggi Maria Sharapova ha ancora problemi alla spalla che ne condizionano il rendimento. Ne viene fuori una finale inaspettata: Na Li ha un titolo Slam (Roland Garros 2011) e due finali australiane (2011 e 2013), potevamo aspettarcela anche per un tabellone non impossibile ma va considerato che a bocce ferme lo spot della cinese sarebbe dovuto essere occupato dalla Williams. Dall’altra parte la grande sorpresa si chiama Dominika Cibulkova, una ventiquattrenne che si affacciava per la seconda volta in carriera ad una semifinale di un Major (l’altra quasi sei anni fa) e che in questi giorni ha fatto fuori, nell’ordine, Suarez Navarro, Sharapova, Halep e Radwanska. Il tutto dominando le partite, e con un solo segreto: crederci. “Mi sono detta: se le altre ci riescono, posso riuscirci anch’io”. Ovvero a centrare una finale così importante: detto fatto, umiliando Agnieszka Radwanska in quella che è stata una partita-massacro, senza storia dopo che tre game la slovacca li aveva lasciati anche a Simona Halep. E’ la prima del suo Paese in una finale Slam: Martina Hingis ha scelto la nazionalità svizzera, perciò “Pocket Rocket”, come Dominika viene chiamata per la sua esplosività e i 159 centimetri di altezza, può fregiarsi del platonico titolo. Adesso la attende un’altra impresa titanica:
Sconfiggere Na Li, che ha rispettato il pronostico battendo Eugenie Bouchard, che certo può dire di aver rubato il servizio per tre volte alla cinese ma non è mai stata davvero in partita, distrutta dai 35 vincenti dell’avversaria che hanno annullato 14 errori non forzati, pochi per una diciannovenne alla prima semifinale di un Major (prima di una lunga serie, se le previsioni saranno confermate). E’ finita in un’ora e 26 minuti: Li strafavorita per vincere il suo secondo Slam, che l’anno scorso le fu negato dalla Azarenka e da una sospetta distorsione alla caviglia in un momento cruciale della partita. I precedenti dicono per la cinese, che ha concesso un solo set all’avversaria (Madrid 2010). L’ultima volta è finita 7-6 6-2 (Toronto 2013); messa così non c’è storia, ma la Cibulkova dalla Radwanska aveva perso 6-0 6-0 la finale di Sydney 2013 ed era 1-5 nel bilancio. Come dire: se ce l’ho fatta due e tre volte, perchè non la quarta?
(Claudio Franceschini)