E’ un paese (anche) per vecchi, e ben vengano. Soprattutto nel calcio dove lavoratori ultratrentenni sono ancora in grado di regalare emozioni, come Luca Toni, o sorpresa come Antonio Di Natale. La bandiera dell’Udinese ha annunciato in diretta tv che dal prossimo giugno si ritirerà, dopo un decennio di miracoli friulani. Un dribbling secco, forse non del tutto inaspettato ma quantomeno insolito, considerando che siamo a metà stagione: riuscirà mister Guidolin a fargli cambiare idea? Parallelamente altri aedi storici del nostro campionato non smettono di cantare, incuranti dell’età: Luca Toni ne segna due proprio all’Udinese e tocca quota 9 gol, tallonato da Alberto Gilardino (8) che punisce il Sassuolo e rimanda l’America, almeno per adesso. A Roma invece giornata di pausa per Totti ma non per Miroslav Klose, che decide Lazio-Inter esattamente come un anno fa. Il contratto del tedesco è in scadenza: vale la pena insistere per trattenerlo? Di questi ed altri temi abbiamo parlato con il giornalista sportivo Italo Cucci, nell’intervista in esclusiva per ilsussidiario.net.
Come ha preso la notizia annunciata da Di Natale? E’ rimasto sorpreso anche lei? No, per niente. Di Natale non ha mai rotto le scatole a nessuno, non è un giocatore che fa il divo, è giusto che sia infastidito dalle critiche. Mi è piaciuta la sua battuta (“sono andato più volte in gol che a cena con mia moglie“, ndr), e capisco che possa essere stufo di alcune situazioni: chi lo critica non capisce il valore, suo e di quello che ha fatto in questi anni. Non credo che Di Natale tornerà a Napoli, resterà a Udine a curare la sua attività imprenditoriale.
Guidolin ha dichiarato che proverà a fargli cambiare idea: crede che ce la farà? Sinceramente mi sembra poco indicato per uno scenario del genere. Guidolin sembra avere in mente la stessa cosa, con che spirito potrebbe convincere Di Natale a continuare?
Sugli scudi ma per motivi di campo Luca Toni: mantenendo questo rendimento potrà davvero coltivare la speranziella mondiale, considerando anche che Giuseppe Rossi è un’incognita? Può e a prescindere da Rossi. Il commissario tecnico non ha ancora in mano una squadra precisa, deve tenere d’occhio tutti. Aggregare Toni alla nazionale non sarebbe male, se dovesse continuare così: è un giocatore classico in un ruolo classico. Mi piace sottolineare che in un paese dove tutti piangono e pochi lavorano, Toni è rimasto un lavoratore indefesso e gliene va dato atto.
Si aspettava che potesse riproporsi a questi livelli? Onestamente pensavo che avesse imboccato la via del tramonto. La garanzia migliore però è la fiducia di Mandorlini che l’ha voluto: l’allenatore del Verona non fa mai nulla a caso o con sufficienza.
Si può dire che per Toni l’ostacolo maggiore sulla via del mondiale sia Gilardino, che oltretutto è già nel giro di Prandelli?
Per Gila vale lo stesso discorso fatto per Toni: il campionato da qui a maggio sarà giudice. E’ giusto che Prandelli tenga conto di tutti, anche di Totti per citarne un altro. La certezza per l’Italia è la miglior difesa, quella della Juventus con le aggiunte di riserva; da centrocampo in su chiunque va forte in Serie A può considerarsi candidato per un posto. Giocatori come Toni o Gilardino sono ancora adatti alla nazionale, considerando che ogni tanto, senza fare nomi specifici, vengono convocate solo speranze più che certezze.
Passando ad un straniero ovvero Miro Klose, crede che la Lazio debba fare uno sforzo economico, per trattenerlo almeno un altro anno? Nelle ultime settimane Klose mi sembrava sfiduciato, dopo aver saputo che la Germania lo può escludere dalla rosa per i mondiali. Vedendolo anche ieri sera contro l’Inter ho cambiato idea: nei mesi scorsi ha pagato problemi fisici e il momento negativo della squadra, frutto di una somma di colpe collettive dai dirigenti in giù. Ieri poi era motivato per dare il bentornato a Reja: per come sta ancora in campo, e sa essere decisivo per la Lazio, il tedesco va confermato tutta la vita.
Infine Matri, nota storta nel Milan di Kakà: trasferirsi può essere la soluzione migliore per ritrovarsi, nonostante sia tornato da poco? Sinceramente glielo consiglierei. Matri era il mio idolo quando giocava nella squadra della mia città ovvero il Rimini (stagione 2006-2007, ndr). Da lì in poi ha sempre cambiato migliorando poco. Forse il suo entourage non tiene conto delle situazioni tecniche migliori per lui: non sarebbe mai dovuto tornare al Milan, dove oggettivamente non c’è lo spazio giusto. Matri deve essere il numero uno e per questo accettare di riciclarsi in provincia: se diventa uno dei tanti non rende.
(Carlo Necchi)