La stagione del tennis ATP si è conclusa ufficialmente domenica 23 novembre, quando Roger Federer si è inginocchiato sulla terra di Lille appena dopo aver consegnato la Coppa Davis alla Svizzera. E’ tempo dunque di tracciare un bilancio degli intensi dodici mesi che abbiamo vissuto, con le pagelle ai principali protagonisti del circuito e uno sguardo a quello che potrebbe venire nel 2015.



Qualche passaggio a vuoto cè stato: in estate ha sofferto, giocato male i Master 1000 del Nord America e fatto venire qualche dubbio sulla sua tenuta. Come sempre con larrivo dellautunno è rinato: ha perso limbattibilità in Asia, ma si è preso le ATP Finals per il terzo anno consecutivo, chiudendo al numero 1 del ranking mondiale. Ha vinto anche Wimbledon: unico Slam della stagione daccordo, ma in un anno in cui si è sposato e ha avuto il primo figlio è già un grande trionfo. Resta luomo da battere, senza discussioni. 



Al suo ritorno credevano in pochi. Un 2013 disastroso nel quale era crollato in classifica perdendo tutti gli appuntamenti importanti lo classificavano come bollito. Niente di più sbagliato: si è rimesso in discussione affidandosi a Stefan Edberg, ha cambiato il suo stile di gioco, ha alzato il livello quando non si pensava possibile. Chiude senza Slam, ma con due Master 1000 (Cincinnati e Shanghai) e soprattutto avendo insidiato fino allultimo Djokovic per il numero 1. Peccato la finale del Master, ma la vittoria in Coppa Davis completa la sua bacheca. Anzi no: resta la medaglia doro olimpica nel singolare



Questanno se ne sono perse le tracce. Ha avuto tanta sfortuna: prima la schiena, poi il polso, quindi unappendicite con la quale ha comunque giocato (!) a Shanghai. Ha dovuto rinunciare a praticamente tutti i tornei da Wimbledon (altro flop, eliminato da Nick Kyrgios) in poi; resta numero 3 al mondo ma fisicamente è in calo e per il futuro ci sono tanti dubbi, perchè per come gioca è chiaro che il suo corpo risenta più di altri. Anche così però si è messo in bacheca il nono Roland Garros; può ancora riprendere Federer come numero di Slam (siamo a -3) ma al momento non è questa la sua priorità. 

Anno pazzesco. A gennaio ha vinto gli Australian Open diventando il primo giocatore a spezzare il dominio dei Big Four che durava da 16 Slam; si è preso Montecarlo ed è stato costantemente nei primi 4 del ranking. La ciliegina è arrivata con la Coppa Davis, nella quale ha timbrato una fondamentale vittoria su Tsonga. Ha dimostrato di poter stare con i grandi e anche batterli, ma deve imparare a gestire meglio i punti caldi: alle ATP Finals è crollato mentalmente, litigando con unindisciplinata Mirka e mancando quattro match point per fare la storia. Tornerà. 

Uno ha vinto gli Us Open, laltro ha giocato la finale; insieme hanno giocato una partita per il titolo Slam che non comprendesse uno dei Big Four, cosa che non accadeva dal 2005. Li mettiamo sullo stesso piano perchè rappresentano il nuovo che avanza (fino a un certo punto: hanno 26 e 25 anni) e una gerarchia del tennis maschile che sta per cambiare. Adesso devono fare il salto di qualità: un conto è una grande corsa di due settimane, un altro un anno al massimo. Cilic ha fallito i Master 1000 post-New York, Nishikori è sempre stato lì ma ha finito con il subire sonore sculacciate. Però, arrivateci voi in finale a Flushing Meadows. 

 Stagione di alti e bassi. Ripetere il 2013 era impossibile, e lo sapeva anche lui; non ha vinto Slam e nemmeno è arrivato vicino a giocare una finale, chiude senza titoli importanti ma ne mette comunque tre in bacheca, due dei quali conquistati nel rush finale per arrivare al Master di casa. Lo ha raggiunto ma fallito, giocando malissimo due incontri; talento e abnegazione non si discutono, avrà bisogno di tempo per assorbire le lezioni di Amelie Mauresmo e deve limitare certi monologhi sul campo che gli tolgono concentrazione. 

 Grande storia quella di Monfils. Un giocatore che tre anni fa era settimo al Mondo con una semifinale al Roland Garros e un quarto agli Us Open. Nel 2012 aveva giocato 29 match arrendendosi al ginocchio, lo scorso anno si era rivisto a sprazzi, il 2014 ne ha celebrato il grande ritorno: quarti di finale a Parigi, quarti di finale a New York sempre ad un passo dalla vittoria. In Coppa Davis ha demolito Federer (che non era al meglio, ma devi sempre batterlo) facendo sognare tutta la Francia; avesse giocato lui il primo match della domenica, forse le cose sarebbero andate diversamente. Chiude l’anno al numero 19 del ranking; se tiene fisicamente, bisognerà fare i conti anche con lui. 

 Portiamo via pochissimo dal 2014. La grande speranza era Fabio Fognini: puntava la Top 10, finisce ventesimo e con gli occhi dell’ATP addosso per una serie di comportamenti troppo sopra le righe, anche per uno come lui. Talento ne ha da vendere, nervi saldi e senso del momento peccano ed è un grande rammarico. Gli altri, che hanno meno mezzi di lui, non hanno lasciato il segno; il solo Simone Bolelli ha entusiasmato agli Us Open (durando poco), Andreas Seppi ha subito un’involuzione tecnica non da poco, giovani all’orizzonte se ne vedono pochi (attendiamo Quinzi, ottimo nei Challenger, e Baldi). La cosa migliore è stata la semifinale di Coppa Davis, che ci ha riportati in alto. 

 E’ stato un anno positivo. Se vogliamo considerarlo “nuova leva”, Milos Raonic è ormai un costante Top 10 che si è portato a casa la semifinale di Wimbledon e la qualificazione alle Finals; Nick Kyrgios (’95) e Borna Coric (’96) hanno in comune una vittoria su Rafa Nadal (ben più prestigiosa quella dell’australiano perchè ottenuta ai Championships) e sono i nomi più altisonanti tra i giovani almeno quanto l’austriaco Dominic Thiem, che gioca il rovescio a una mano e aspettiamo almeno nei 20 il prossimo anno. Occhio anche al tedesco Alexander Zverev, che in estate ha giocato tanti tornei con buoni risultati. Scomparso dal radar Jerzy Janowicz: il polacco deve crescere mentalmente. 

(Claudio Franceschini)