Forse nemmeno lui immaginava di passare il suo quarantesimo compleanno così. A Nuova Delhi, in un campionato appena nato, sicuramente di grandi aspettative e in espansione ma decisamente lontano dal calcio che conta. E invece Alessandro Del Piero è lì, in India: quella maglia arancione dei Delhi Dynamos è la sua nuova realtà, dopo due anni con lo sky blue del Sydney FC. Di mollare non se ne parla: Alex ha voglia, e pazienza se non incanta e non segna più per le platee della Serie A. Dopo tutto la sua gente lo ama ancora: non lo ha dimenticato. Del Piero non è uno Zidane, strepitoso esteta del pallone che ha fatto innamorare una generazione di juventini, ma che quando è tornato a Torino da avversario si è preso una bella razione di fischi (mischiati agli applausi). Del Piero non è un Pippo Inzaghi: sedotto, ma poi abbandonato non appena si è trasferito alla squadra rivale. E a ben guardare Del Piero non è nemmeno un Pavel Nedved, o un David Trezeguet, o un Edgar Davids; giocatori che anche oggi restano nel cuore dei sostenitori della Signora. No. Alessandro Del Piero è semplicemente Alessandro Del Piero, qualcosa di più. Qualcuno dice che Del Piero è la Juventus: dopo 705 partite (record) e 290 gol (record) forse chi lo afferma ha ragione. Qualcun altro non sa cosa sia Del Piero: un simbolo, una bandiera ammainata non per scelta sua, una leggenda. Tutti sanno cosa Alessandro Del Piero ha dato alla Juventus: tanto, tantissimo. Tutto quel che poteva dare, e anche di più. Di immagini da raccontare, ridisegnare e rivivere ce ne sarebbero a bizzeffe. Il pallonetto alla Fiorentina, a 20 anni appena compiuti. Le parabole disegnate in Champions League: Borussia Dortmund, Glasgow Rangers, Steaua Bucarest, la punizione scaccia-Real Madrid. La pennellata nellIntercontinentale. Il crack del ginocchio, il lungo calvario, quel gol al San Paolo a dire sono tornato, le lacrime dopo lo scavetto di Bari, per il padre che da allora lo avrebbe seguito da lassù. E poi tutto il resto: le tensioni con Fabio Capello, i propositi di addio, la Serie B accettata da campione del Mondo, una nuova era e quei tre gol pesantissimi per il primo scudetto dellera Conte. E infine laddio: amaro, triste, pieno di sorrisi (suoi) e lacrime (dei tifosi) in quel pomeriggio contro lAtalanta. Molti si chiedono oggi: e se fosse rimasto? E se avesse davvero chiuso a Torino? Non lo sapremo mai. Giocherebbe? Sarebbe un panchinaro di lusso, come è stato nel suo ultimo anno? Farebbe ancora la differenza? Impossibile dirlo, ma è possibile ricordarlo per ciò che ha dato alla Juventus: 290 gol e 15 trofei, una signorilità fuori dal comune e mai una parola fuori posto. Forse sì, forse Del Piero è davvero la Juventus. O lo è stato. In attesa di un altro Del Piero, sempre che possa nascere, buon quarantesimo compleanno. (Claudio Franceschini)