“Dopo 20 anni da giocatore ho deciso di ritirarmi dal calcio professionistico. E’ stato un viaggio incredibile e voglio ringraziare tutti i tifosi, i compagni di squadra di Monaco, Juventus, Arsenal, Barcellona, New York Red Bulls e ovviamente anche della Nazionale Francese, tutte persone che hanno reso la mia carriera così speciale“. Con queste semplici parole Thierry Henry ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato. Diventerà opinionista televisivo per Sky Sports. Come sempre in questi casi è necessario partire dai numeri che meglio di qualsiasi parola definiscono l’idea del calciatore: 366 gol in carriera di cui 228 con la maglia dell’Arsenal; dal 1999 al 2007 il francese è stato simbolo e colonna dei Gunners con cui ha vinto 2 Premier League, 3 Coppe d’Inghilterra, 2 Community Shield (la Supercoppa inglese). Quasi poco per quello che è stato il suo contributo, d’altra parte per togliersi qualche soddisfazione in più è stato sufficiente il trasferimento al Barcellona, nell’estate 2007. In Catalogna 2 campionati spagnoli, una Coppa di Spagna poi una Champions League (a Roma nel 2009, dopo averla persa proprio contro il Barça, tre anni prima nella sua Parigi) e i suoi derivati, Supercoppa Europea e Mondiale per Club. Non da primo attore ma da spalla extralusso del divo Messi, con bonus di 26 gol nella seconda ed ultima stagione blaugrana. Senza contare la nazionale: Henry ha fatto parte della generazione d’oro che ha regalato alla Francia la doppietta, i mondiali di casa nel 1998 e gli Europei seguenti (ahinoi) in Belgio-Olanda, agli albori del nuovo millennio. Henry ha lasciato un segno profondo nella storia dei Bleu totalizzando 51 gol in 123 presenze, che significano primo posto tra i marcatori all-time della selezione maggiore. E’ comunque inevitabile legare il nome di Henry all’Arsenal perché Henry è stato l’Arsenal, squadra divina ed imbattibile per un’intera stagione (2003-2004) che dopo di lui non si è più ripetuta agli stessi livelli. Per questo l’attaccante francese si può collocare giusto un gradino sotto l’Olimpo degli inarrivabili, la nicchia dei Di Stefano, Pelè, Cruijff, Maradona, Ronaldo e pochissimi altri (Platini? Van Basten? Per Messi e Cristiano Ronaldo aspettiamo il ritiro). Per intenderci: c’è un motivo se si parla ancora di ‘Arsenal degli invincibili’ e non dell’Arsenal di Henry’, tuttavia in un’ideale classifica di tutti i tempi non sono più di quindici i giocatori che possono stare sopra Titì, capaci di unire allo stesso modo l’utile della vittoria al dilettevole dello spettacolo. Parole soggettive e forse avventate ma pensiamoci bene: Henry ci ha regalato gol memorabili e in tutte le salse oltre ad un progresso rapido e inesorabile, culminato nelle 39 reti della suddetta stagione 03-04 e favorito dal lavoro con Wenger. Che in tal senso sta al transalpino come Ancelotti a Pirlo: proprio Carletto conobbe il giovane Henry quando allenava la Juventus; all’Arsenal un cavallo di fascia qualunque si è trasformato nel miglior cannoniere (‘Gunner’, per l’appunto) nella storia del club. Quindi grazie Titì e un messaggio per Ibrahimovic: non è da un Pallone d’Oro che si giudica un campionissimo.
(Carlo Necchi)