Non manca niente nella serata del Superbowl; non per niente è l’evento sportivo più seguito al mondo. La partita (clicca qui per gli highlights), lo show dell’intervallo, gli spot pubblicitari da milioni di dollari (ce n’è stato anche uno censurato, protagonista Scarlett Johansson), la doccia con il Gatorade che i giocatori dei Seattle Seahawks hanno riservato al loro allenatore Pete Carroll. Poi, durante i festeggiamenti, anche il messaggio politico o simile. Nessuno l’aveva chiesto, è arrivato comunque. Protagonista Matthew Mills, un ragazzo di Brooklyn (il Superbowl si è giocato a East Rutherford, praticamente attaccata a New York anche se siamo già nello stato del New Jersey): il quale, sprezzante del rischio, si è infilato in sala stampa e, mentre l’MVP dell’incontro Malcolm Smith stava parlando ai giornalisti, ha lanciato un messaggio riguardante l’11 settembre (naturalmente del 2001). “Dovete indagare sull’11 settembre, gli autori sono persone interne al nostro governo“. Sono passati più di 12 anni, eppure quella data – giustamente – continua a fare paura; l’aggressione al cuore del Paese, la prima subita sul territorio americano nella storia degli Stati Uniti, è qualcosa che purtroppo non verrà mai dimenticata. La tesi del complotto interno non è certo nuova, è stata anche una delle più cavalcate tra quelle eversive e “scandalistiche” e ha ispirato più di un libro. Mills ha sfruttato l’attenzione di tutti gli Stati Uniti – e non solo – sul Superbowl e si è fatto sentire. I momenti immediatamente successivi non devono essere stati memorabili: il ragazzo è stato immediatamente allontanato dai funzionari della NFL. Quello che doveva fare però lo ha fatto: essere notato da tutto il mondo e lanciare il suo allarme.