“Voglio rendere grazie a Dio, alla famiglia e a tutti voi. Ho ricevuto amore sul campo, per 24 anni; oggi annuncio che la mia storia di calciatore è giunta al termine”. Parla così Rivaldo, ed è un addio commosso e in lacrime. Il brasiliano ha detto stop: ha 41 anni e lascia il calcio giocato, perchè nel frattempo è diventato presidente del Mogi Miriml, club dello stato di Sao Paulo. Chiudendo una storia che sarebbe da raccontare in un libro: è quella la prima squadra in cui ha mosso i primi passi, è quella la squadra che ha accorto un certo Rivaldinho, che altri non è se non il figlio di Rivaldo Vitor Borba Ferreira, e i due hanno anche giocato insieme ultimamente. Una favola vera, quella di Rivaldo: la sua andatura dinoccolata, il suo sinistro al fulmicotone, la sua capacità di leggere le situazioni prima degli altri lo hanno reso uno dei calciatori più forti della sua generazione, anche se forse non lo ricorderemo come uno tra i più grandi di sempre. Ma Rivaldo, per chi ha avuto l’onore di vederlo, è stato poesia pura: la sua parabola si impenna nel Corinthians, siamo nel 1993-1994: segna 11 gol in metà stagione e viene acquistato dal Palmeiras, dove continua a incantare e nel frattempo viene convocato dalla nazionale brasiliana. A quel tempo, per fare davvero il salto i sudamericani devono andare in Europa: lo fa anche il buon Rivaldo, che sbarca nell’allora competitivo Deportivo La Coruna. segna 22 gol in 46 partite, ed è chiaro che non può durare al Riazor. Arriva il Barcellona, che se lo porta via per farne il nuovo perno della squadra che stava ricostruendo dopo l’epopea di Johan Cruyff. Non sono anni strepitosi per i blaugrana: Rivaldo indossa per la prima stagione il numero 11, ma poi – con la cessione di Giovanni, che ritroverà lungo la strada – prende la 10 e, con Figo e Luis Enrique – forma un tridente da sogno che vince due campionati prima di pagare dazio di fronte a Real Madrid, Valencia e Depor. Nel 2002 i catalani decidono di poter fare a meno di lui: ha segnato 130 gol in 235 partite, ma per monetizzare e ripartire da un triennio buio viene venduto al Milan, che gli dà 4 milioni di euro l’anno. “E’ arrivato l’extraterrestre”, si dice nella Milano rossonera; già, perchè nel frattempo Rivaldo ha vinto il Mondiale di Corea e Giappone, e lo ha fatto da protagonista insieme a Ronaldo, trascinando il Brasile al quinto titolo della storia. Ma il colpo di Adriano Galliani non è così scintillante: tra problemi fisici continui e turnover, il brasiliano vince Champions League e Coppa Italia (con rete nella partita di ritorno) ma lo fa da gregario, un ruolo che non si confà alla sua grandezza. Lascia il Milan dopo una stagione: 40 presenze e 8 gol. La sua nuova carriera riparte dalla Grecia: diventa un idolo al Pireo, con la maglia dell’Olympiakos dove ritrova il vecchio amico Giovanni e porta i greci alla conquista di tre campionati consecutivi e agli ottavi di finale di Champions League. Poi, ormai superati i 30 anni, la sua carriera prosegue nell’AEK Atene, e di lì in Uzbekistan dove vince il titolo nazionale nel quarto Paese, prima di tornare in patria e legarsi al Mogi Mirim. Dice basta dopo 389 reti in 859 partite, perlomeno quelle che sono entrate in statistiche ufficiali. “Ho costruito la mia carriera su un miracolo: ho realizzato il mio sogno senza ricorrere a soldi o manager, solo con l’amore della mia famiglia”. Ha vinto anche un Pallone d’Oro nel 1999, premio dovuto a quello che all’epoca era considerato uno dei migliori. Forse tra qualche decennio non sarà più così, ma chi lo ha visto giocare, come chi scrive, può considerarsi un privilegiato. (Claudio Franceschini)



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