La grande potenza contro la sorpresa. La finale di Fed Cup 2014 sarà Repubblica Ceca-Germania: di fronte un Paese che ha trionfato nel 2011 e 2012 e uno che ha aspettato 22 anni anche solo per essere nuovamente all’ultimo atto. Correva l’anno 1992: la squadra tedesca, con in campo Steffi Graf e l’attuale capitano non giocatore Barbara Rittner, batteva 2-1 la Spagna a Francoforte, in un periodo nel quale il Gruppo Mondiale si giocava in una sola località e servivano due vittorie per portare a casa la coppa. Da allora, il nulla: dal ritiro della Graf, nel 1999, la Germania ha penato per trovare una giocatrice al suo livello, e forse non la troverà più. Ma adesso ha un paio di giocatrici da Top Ten: Angelique Kerber l’ha raggiunta nel maggio 2012 ed è tuttora la numero 7 del ranking WTA, Andrea Petkovic ci è stata a fine 2011 ma poi, tra schiena e caviglia, ha perso quasi tutto il 2012 dovendo ripartire da oltre la centesima posizione. Non è un caso che le tedesche abbiano superato Slovacchia e Australia senza dover mai ricorrere al doppio: sei partite di singolare, sei vittorie. La solidità del team fa pensare che possa arrivare un’altra vittoria, e lo dice anche la cabala: la finale si giocherà in Repubblica Ceca, dunque una trasferta come la Rittner e le sue giocatrici avevano fatto nei quarti e in semifinale. Le ceche, che hanno dominato anche negli anni Ottanta come Cecoslovacchia unita (quattro vittorie e una sconfitta in finale grazie ad Hana Mandlikova ed Helena Sukova), hanno distrutto l’Italia con Petra Kvitova tornata finalmente a far prevalere il suo fisico e la sua potenza sulle avversarie e con Lucie Safarova che ormai ha dimostrato di valere la sua posizione di classifica, se non qualcosa di più. Sarà lotta vera, anche se da qui a novembre tante cose potrebbero cambiare e chissà che non emerga qualche giocatrice degna di una convocazione così importante (per esempio Karolina Pliskova, la più pronta delle due gemelle, o Annika Beck che da tempo è attesa al grande salto e la Fed Cup l’ha già giocata). Per quanto riguarda l’Italia, più che il fattore campo e il valore delle avversarie (comunque da riconoscere), abbiamo pagato il momento: la Fed Cup è una competizione che si gioca lungo tutto l’arco dell’anno, e lo stato fisico e di condizione può cambiare drasticamente. Purtroppo Sara Errani vive da qualche mese una fase involutiva:
Terminato il periodo d’oro delle semifinali Slam e della Top Ten raggiunta, le prime sconfitte le hanno fatto sentire il peso di dover dimostrare qualcosa. Camila Giorgi è brava, anche bravissima e forse una potenziale Top Ten, ma per ora ha saggiato la differenza tra il “potrà esserlo” e il “lo è già” di Petra Kvitova, una che ha vinto Wimbledon e i WTA Championships a un’età che aveva l’italo-argentina un anno fa, quando navigava intorno alla novantesima posizione mondiale. Corrado Barazzutti ha provato a mischiare le carte facendo scontrare Roberta Vinci contro la numero 1 ceca ma, pur se la tarantina è stata ottima, non c’è mai stata partita. Peccato: non si può sempre vincere. Tuttavia, il tonfo netto deve forse interrogarci in altro senso; periodi bui nella nostra storia del tennis li abbiamo vissuti, e per evitare che accadano nuovamente dovremo essere bravi a far crescere le nuove leve e dar loro una possibilità, anche a livello economico (su questo tema Nastassja Burnett si era sfogata un paio di anni fa). In prospettiva non abbiamo grandi nomi se non quello di Alice Matteucci, che peraltro ha tutto da dimostrare; per ricostruire un ciclo vincente (detto che Errani-Giorgi-Knapp resta un trio che può proseguire anche a lungo) non serve solo sedersi e aspettare che arrivi un fenomeno.
(Claudio Franceschini)