Si è spento a 82 anni Vujadin Boskov, l’allenatore dello scudetto della Sampdoria del 1991, di una finale di Coppa delle Coppe vinta, di una finale di Coppa dei Campioni sfiorata con la squadra blucerchiata, ma già prima col Real Madrid c’era arrivato vicino. Le sue battute, la sua simpatia, il suo stile originale e quella squadra di Vialli, Mancini, Dossena e tanti campioni sono rimaste nella mente di tutti. Boskov ha allenato altri club importanti come la Roma e il Napoli e tra gli altri ha fatto esordire in Serie A Maurizio Ganz e Francesco Totti. Se n’è andato dopo una lunga e dolorosa malattia. Ora Boskov insegnerà football da un’altra parte, le sue battute saranno ideali per l’eternità… Per parlarci di lui abbiamo sentito Luca Pellegrini, capitano della Sampdoria 1990-1991 che vinse il campionato. Eccolo in questa intervista per ilsussidiario.net.
Cosa le ha insegnato in particolare Boskov? E’ stato un maestro di vita, ho passato cinque anni con Boskov, praticamente la metà del periodo passato alla Sampdoria. E’ una persona che non potrò dimenticare mai, una di quelle persone eccezionali come era anche Paolo Mantovani. Boskov era stimato anche dai suoi avversari e questo ne dimostra la grandezza umana, non solo sportiva.
Che rapporto aveva con i giocatori? Sapeva gestirli al modo giusto, un po’ col bastone un po’ con la carota, aveva portato avanti il Sampdoria–Style: i giocatori che dovevano avere tutti un comportamento corretto anche fuori dal campo, essere sempre dei professionisti esemplari. Questo ci aiutava ad essere in forma, concentrati sul nostro lavoro e migliori in campo.
Si ricorda la prima volta che lo vide, come si presentò? Lo vidi al campo. Io avevo più responsabilità con lui, ero stato già capitano alla Sampdoria in passato qualche volta. Boskov mi diede proprio la fascia di capitano, un incarico speciale per la sua squadra. Mi disse proprio che io avrei avuto più oneri in questo senso. Mi responsabilizzò ulteriormente spingendomi a tirare fuori il massimo.
Si parla delle sue famose frasi, lei al di queste battute ci può anche ricordare qualche aneddoto? Boskov era proprio così, come le battute che diceva, che erano frasi semplici ma grandi verità. Più che un singolo aneddoto mi piace ricordare il suo modo di fare tutto suo, la sua personalità unica e direi anche irripetibile.
Nel panorama calcistico odierno, c’è un allenatore che le ricorda Boskov? Se dovessi pensare a qualche allenatore attuale mi viene in mente Mourinho: negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso il mister aveva anticipato l’allenatore portoghese.
Come era dopo le sconfitte o dopo le vittorie? Dopo le sconfitte non se la prendeva tanto con noi mentre dopo le vittorie cercava di mettere il pelo nell’uovo, ci caricava anche di più, voleva che ci migliorassimo sempre. E in effetti ci è riuscito, se pensiamo che negli anni siamo arrivati fino allo scudetto.
Dal punto di vista tattico che allenatore era? La Sampdoria dello scudetto fu l’ultima squadra che che vinse il campionato italiano utilizzando la marcatura a uomo. La sua Samp praticava il 3–5–1–1. Poi arrivarono Zeman e Sacchi con le loro idee innovatrici.
Un ricordo dello scudetto della Sampdoria, quanto merito ebbe Boskov? La Sampdoria era una squadra che aveva preso tanti giovani e li aveva fatti maturare. Boskov ebbe il merito di allenare una squadra dove c’erano tanti giocatori importanti nel modo migliore, portandoli al successo senza sacrificare le rispettive personalità. Del resto aveva già dimostrato il suo valore arrivando in una finale di Coppa dei Campioni col Real Madrid.
Cosa si sente di dire a Boskov ora, che ci sta ascoltando dal cielo? Che non posso proprio dimenticarlo, per me è stato fondamentale. Una persona così rimarrà sempre dentro di me.
(Franco Vittadini)