Rafa Nadal ha vinto il Mutua Madrid Open 2014, confermando il suo titolo dello scorso anno e imponendosi per la quarta volta in carriera nella capitale del suo Paese. In finale ha battuto Kei Nishikori: il punteggio fa già capire com’è andata. Il tabellino recita 2-6 6-4 3-0 in un’ora e 42 minuti: al terzo game del terzo set il giapponese ha alzato bandiera bianca e si è arreso ai problemi fisici che aveva già palesato nel corso del torneo. Nella semifinale contro David Ferrer era stato costretto a rimanere in campo per tre ore, chiamando il fisioterapista per qualche massaggio tra un cambio di campo e l’altro. Cosa accaduta anche contro Feliciano Lopez: che Nishikori non fosse al meglio si sapeva, e lo abbiamo visto anche oggi. Non ne aveva per più di un’ora e mezza-due: ha attuato la strategia migliore che potesse, ovvero partire a tutta e provare a chiuderla in fretta. Incredibilmente ha funzionato: Nadal probabilmente non se l’aspettava, e prima che si ricomponesse e lui stesso andasse oltre fastidi fisici e mentali che lo accompagnano dalla finale degli Australian Open aveva perso il primo set per 6-2. Nishikori non si è fermato. Anzi: è andato davvero ad un passo dal grande colpo e dal primo vero grande titolo della sua carriera (a Tokyo 2012 il suo highlight fin qui). Il giapponese è stato avanti 4-2 nel secondo set, dovendo solo tenere il servizio per alzare il trofeo. Qui però sono successe due cose: Nadal ha avuto paura di perdere sul suo terreno, e non se lo poteva permettere dopo i flop di Montecarlo e Barcellona; e soprattutto Nishikori è calato fisicamente. Quattro game consecutivi di Rafa per impattare il conto dei set, poi altri tre per prendersi un vantaggio enorme in apertura di partita decisiva. Il giapponese non ce l’ha più fatta e, anche se si trattava di una finale, ha gettato la spugna prima di essere massacrato, perchè effettivamente non poteva continuare. Finisce così con Nadal che vince il Master 1000 numero 27 (Roger Federer segue a 21, Novak Djokovic a 18) e con Nishikori che comunque esce a testa altissima e soprattutto, da domani, sarà il primo giapponese nella storia del circuito ATP ad entrare nella Top Ten. Adesso, i due si spostano da Madrid a Roma: un viaggio breve, all’arrivo troveranno ancora terra rossa e un altro Master 1000 da giocare. 



Rafa Nadal riapre la finale maschile del Mutua Madrid Open: nel secondo set il maiorchino si impone con un 6-4 per nulla scontato, perchè ancora una volta Kei Nishikori era riuscito a entrare negli ingranaggi del numero 1 al mondo, prendendo immediatamente un break di vantaggio e andando verso un’incredibile vittoria. Ma Nadal ha reagito secondo quello che è il suo status: sotto 3-4 ha strappato il servizio all’avversario e, infilando una serie di 3 game consecutivi, ha forzato il terzo e decisivo set. Che iniza adesso, dopo un’ora e ventinova minuti di gioco: non abbiamo ancora un vincitore che accompagni il nome di Maria Sharapova nell’edizione 2014 del torneo della capitale spagnola.



Scioccante andamento della finale maschile del Mutua Madrid Open: sul Manolo Santana, doo 38 minuti, Kei Nishikori si è aggiudicato il primo set con il punteggio di 6-2. Che il giapponese fosse miglioratissimo sul rosso e in generale come giocatore lo sapevamo; che potesse mettere sotto Rafa sulla superficie favorita dal numero 1 al mondo, sulla terra che lo ha visto dominare in lungo e in largo e a Madrid che rappresenta una delle sue tante case, non eravamo abituati a pensarlo. E invece sta andando proprio così: è stato 6-2 solo perchè Rafa ha annullato un set point nel game precedente, riuscendo a tenere il servizio. Ma per ora in campo c’è un giocatore solo, l’allievo di Michael Chang che a questo punto è vicino al primo titolo importante della sua carriera; mentre Nadal sta confermando tutti i suoi problemi fisici e soprattutto mentali. 



E’ Maria Sharapova, per la prima volta, la campionessa del Mutua Madrid Open 2014. In finale la russa di 27 anni ha battuto, in rimonta, Simona Halep in un’ora e cinquantasette minuti, con il punteggio di . La rumena è brava, bravissima: merita in pieno la Top 5 che ha conquistato all’inizio dell’anno e potenzialmente la vediamo anche come una numero 1. Tuttavia, contro le big del circuito deve ancora fare strada e mangiare polvere, in questo caso terra rossa. Perchè la Sharapova non sarà più quella che a 21 anni alzava il terzo trofeo in uno Slam e minacciava di dominare il mondo per un decennio e più; non avrà più il servizio che faceva la differenza, non avrà più la fredda determinazione unita all’incoscienza della gioventù, ma quando si tratta di giocare per i titoli rimane ancora la più forte. A parte Serena Williams, ovviamente: con l’americana Masha non vince dal 2004, ed è un peccato che entrambe siano state fermate da infortuni che hanno impedito di assistere a una rivalità che avrebbe potuto rinvendire i fasti di quello che era stato il duello Graf-Seles, o Evert-Navratilova, o Smith Court-Bueno e via discorrendo. Maria Sharapova vince il trentunesimo titolo in carriera: parte male e contratta, si fa sorprendere dalla Halep che ha un solo modo per vincere il primo titolo di assoluto prestigio a livello personale, ovvero iniziare a tutta e non voltarsi mai. Funziona, perchè in un amen siamo 4-0 Romania e il secondo attimo dopo è 6-1, le due sono sedute ai rispettivi angoli e la russa non ci ha capito niente. Ma inevitabilmente la Sharapova torna dalla pausa in un altro modo. Aggredisce la Halep, le impedisce di lavorare i colpi, incide con la prima di servizio (69% in campo, il 63% dei punti conquistati da essa), soprattutto è solida sulle palle di ritorno aggredendo una seconda della Halep ancora troppo poco incisiva (la rumena fa il 34% dei punti con le seconde). Pariglia restituita: 6-2. Il terzo set per come stanno le cose si potrebbe anche non giocare: la russa sale 2-0 immediatamente, poi è 4-1, poi arriva un calo di rendimento ed è 4-3, ma la rumena non ha ancora la mentalità dominante per andare a rimontare una che è stata numero 1 del mondo, si è inginocchiata sull’erba di Wimbledon e ha quattro Major in casa (e peraltro si tratta di un Grande Slam, pur se non nello stesso anno). E così finisce 6-3, con Simona Halep che esce a testa altissima da un torneo in cui ha fatto fuori Petra Kvitova e, prima ancora, Ana Ivanovic. Ma loro sono un’altra cosa: questione di testa, contro Williams (li c’è qualcosina in più), Sharapova e Azarenka essere mentalmente solide è una necessità se si vuole vincere. La rumena crescerà: ha tutto per farlo, ma intanto la regina di Madrid è ancora Masha. E adesso occhio a Roma: Serena Williams non è al meglio, il margine per un altro titolo c’è. (Claudio Franceschini)

Due set chiusi in maniera netta e rapida ma, fortunatamente per gli spettatori neutrali del Mutua Madrid Open, sono uno per parte e ce ne sarà dunque un terzo, decisivo: dopo un’ora e 14 minuti la finale del torneo femminile è in parità: Maria Sharapova ha infatti risposto a Simona Halep e ha chiuso la seconda partita con il risultato di 6-2. Subito il break importante per condurre anche psicologicamente, brava la russa a resistere al possibile ritorno dell’avversaria e quindi un secondo break per il 5-2 che le ha lasciato solo il compito di servire per chiudere, come avvenuto. Partita che dunque prosegue: adesso l’inerzia è in mano a Masha, vedremo se saprà sfruttare il momento.

Il primo set della finale femminile del Mutua Madrid Open è stato un massacro: se lo è aggiudicato Simona Halep con il punteggio di 6-1. La rumena non sta sentendo la pressione di essere alla prima finale di un Premier Mandatory in carriera: vola sul 4-0 prima ancora che la Sharapova abbia il tempo di capire cosa sta succedendo, poi perde il primo game dell’incontro ma ha un colpo di coda finale andando nuovamente a strappare il servizio alla russa, che frastornata dovrà ora cercare di risalire subito la corrente per evitare che questa finale scorra via troppo in fretta.

Siamo giunti alle due finali, maschile e femminile, del torneo Mutua Madrid Open: sulla terra rossa di Spagna si assegnano oggi il titolo del WTA Premier Mandatory (non prima delle 16:30) e quello dell’ATP Master 1000 (non prima delle 19:15). Due titoli prestigiosi, perchè questo appuntamento è tra i più importanti della stagione e non è semplicemente una preparazione al Roland Garros. Ricordiamo allora che potete seguire la finale maschile su Sky Sport 2 (canale 202  del pacchetto satellitare) e anche in streaming video su PC, tablet e smartphone grazie all’applicazione Sky Go, gratuita e riservata agli abbonati; la telecronaca è affidata a Elena Pero, il commento tecnico a Paolo Bertolucci mentre prima della partita ci sarà un approfondimento da studio con Stefano Meloccaro che avrà come ospite Laura Golarsa. Il torneo femminile invece è sulla web-tv tematica SuperTennis (canale 224 del satellite, oppure su canali diversi del DD a seconda della regione di appartenenza), anche qui in streaming video sul sito ufficiale, www.supertennis-tv. Rafa Nada-Kei Nishikori è una sfida inedita in un atto finale di un Master 1000: se Rafa è signore e padrone del rosso – qui ha vinto tre volte – il suo avversario si trova in questa situazione per la prima volta in carriera, e da lunedi sarà il primo giapponese nella storia a entrare nella Top 10 del ranking ATP. Merito dei suoi progressi dettati anche dall’avere Michael Chang come allenatore, uno che vinse il Roland Garros quando aveva 17 anni e fu il primo della generazione d’oro americana (gli altri erano Sampras, Agassi e Courier) a mettere in bacheca uno Slam. Nishikori arriva dall’epica battaglia di semifinale contro David Ferrer, risultata la partita più lunga del torneo (due ore e 56 minuti) e risoltasi al terzo set dopo che il giapponese aveva già avuto match point su 5-4 nel secondo. Alla fine Ferrer gliene annullerà ben otto in totale, ma non servirà. Nadal è chiaramente favorito: i precedenti (6-0) parlano chiaro, siamo sulla sua superficie e nel corso del torneo il numero 1 al mondo non ha concesso un solo set, pur non affrontando avversari irresistibili. Deve però giocare anche contro la pressione: finora sul rosso ha fallito, venendo eliminato presto a Montecarlo e perdendo a Barcellona. In campo femminile è prima volta anche per Simona Halep, numero 5 al mondo: il suo straordinario 2013 lasciava intendere che sarebbe sbocciata, e lo ha fatto. Dopo la semifinale a Indian Wells ecco la prima finale in un Premier Mandatory: battuta Petra Kvitova in un’entusiasmante partita chiusa al terzo set. Dall’altra parte c’è però la favorita: Maria Sharapova, finalmente tornata sui suoi livelli abituali e capace di battere in successione Samantha Stosur, Na Li e Agnieszka Radwanska (quest’ultima a dire la verità è stata demolita). La russa, che è stata numero 1 al mondo per 21 settimane, può portare a casa il titolo numero 31 in carriera e il secondo nel 2014 (ha vinto a Stoccarda); a Madrid ha giocato e perso la finale un anno fa, contro Serena Williams. I precedenti le sono favorevoli: 2-0, con vittorie a Indian Wells e Pechino nel 2012 senza perdere un set. Si è però trattato di partite molto combattute, una da 96 minuti e una da 112; la Halep da allora è cresciuta e ha tante possibilità di vincere quello che sarebbe il torneo più importante tra quelli finora conquistati, che sono 7 (per ora il più prestigioso è il Tournament of Champions, ovvero il Master B). Intanto belle notizie anche per l’Italia: Sara Errani e Roberta Vinci hanno bissato il successo di Stoccarda vincendo il torneo di doppio, battendo in finale la coppia spagnola formata da Carla Suarez Navarro e Garbine Muguruza.