E’ inevitabile affezionarsi al Benfica, in una misura più o meno estesa. Chi perde in continuazione suscita spesso la simpatia dell’osservatore esterno, soprattutto quello disinteressato come può essere il tifoso di un altro paese. Oltretutto la storia offre anche l’accompagnamento fantastico alle disgrazie della squadra, quella maledizione di Bela Guttmann che suona così bene alle orecchie della stampa e nelle chiacchiere da bar. Peraltro attenzione, perché di sconfitta in sconfitta (con la finale di ieri siamo arrivati a 8 consecutive) un’idea quasi folcloristica si sta facendo sempre più consistente. Durante Siviglia-Benfica si è avuta più volte l’impressione che una mano invisibile sfavorisse i portoghesi, deviando o sporcando traiettorie potenzialmente vincenti; all’inizio del secondo tempo in particolare, quando due volte Lima e in mezzo Rodrigo hanno mancato tre tiri da pochi passi, ha preso forma l’idea di supplementari, sofferenza e rigori. Una maledizione insomma (già l’espulsione fantasma di Lazar Markovic nella semifinale di ritorno era parsa un indizio sinistro). Prima di accontentarsi della giustificazione “storica” è però giusto vagliare a fondo quella tecnica, che è tanto semplice quanto inesorabile. Nell’arco dei 120 minuti il Benfica ha dato tutto quello che aveva così come il Siviglia, che però ha attaccato con meno continuità (21 conclusioni a 11 per i portoghesi). E’ la condotta ai calci di rigore che fa riflettere: premesso che “non è da questi particolari che si giudica un giocatore” e che chi si assume la responsabilità di tirare è grande a prescindere, è giusto sottolineare come il Siviglia abbia non vinto, ma stravinto la sfida dal dischetto. I quattro tiratori andalusi, da Bacca a Gameiro passando per Mbia e Coke, hanno calciato con decisione: questo conta più del bene o male, dell’alto o basso, del centrale o angolato e persino più del cucchiaio. Alla scuola calcio delle elementari mi insegnarono: tiri un rigore? Vai deciso. Non mi dissero guarda il portiere, scegli l’angolo, prova d’esterno, pensa alla mamma. Decidi una cosa e falla, vada come vada. Non fermarti prima nè durante, che poi cambi idea: se proprio devi fai come Albertini o Beppe Signori, che battevano senza rincorsa. I due tiratori “erranti” del Benfica, il vecchio Cardozo e il giovane Rodrigo, non hanno calciato un rigore ma…



…fatto finta, avviandosi al tiro a passo di tango. La volpe Luisao, capitano anche in questo, ci ha messo una pezza con il suo piattone destro, senza fronzoli di ricorsa e semplicemente efficace. Ma era già troppo tardi. Il calcio di rigore è un supremo ‘o la va o la spacca’, il momento in cui va presa una decisione importante in tempi stretti. Ecco la chiave: decisione, vai deciso. Lasciamo che a fare le finte siano i fighi di nome, come il portoghese Luis che sdoganò la rincorsa al rallenti, o di fatto come il connazionale Cristiano Ronaldo. Poi magari è davvero colpa di Bela Guttmann, ma intanto aiutiamoci che Dio c’aiuta.



(Carlo Necchi)

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