Se la miglior difesa è l’attacco è altrettanto vero che una grande squadra parte da una grande difesa. Soprattutto in Italia dove in molti casi vige ancora il motto “prima non prenderle”. Per la verità il campionato appena concluso ha riservato una caterva di gol: 1035, miglior risultato di sempre dalla stagione 1951-1952. Resta il fatto che da sette stagioni a questa parte la squadra scudettata è anche quella con la miglior difesa; l’ultimo caso contrario è l’Inter 2006-2007, che stabilì il suo record a 97 punti, superato proprio quest’anno dalla Juventus, subendo 34 gol: la Lazio di Delio Rossi fece di meglio fermandosi a 33 ma si classificò terza. Insomma è importante anche quello che succede da centrocampo in giù, anche se il più delle volte lo spettacolo si consuma davanti. Anche in questo caso annunciamo prima il vincitore, onestamente annunciato.



Primo posto e vincitore: Mehdi Benatia (Roma) 5 gol, uno in meno rispetto a Pjanic e Ljajic, che sono quasi il meno. Mai 13,5 milioni di euro furono spesi meglio: se la Roma è passata da 56 a 39 gol subiti grossi meriti vanno attribuiti a lui. Sicuramente il miglior difensore del campionato e non a caso a maggio è già protagonista di mercato. Calandosi in una retroguardia allo sbando ha compiuto il definitivo salto di qualità emanando uno strapotere fisico impressionante. Purtroppo se ne sono accorti in tanti: per quanto sia evidentemente attaccato alla maglia attorno a lui comincia a fare caldo. Potrebbe doversela togliere.



Secondo posto: Leandro Castan (Roma) La Juventus ha subito due gol in meno (23-25) ma la Roma ha offerto la stessa solidità difensiva, perdendo la corsa per la carenza di motivazioni nelle ultime partite. Se Benatia è stato il ministro della difesa di Garcia Castan è risultato il miglior consigliere, meno appariscente ma spesso più spiccio nonostante la natura verdeoro (a proposito, un posticino ai mondiali no?). Non un fenomeno ma un difensore vecchio stampo e moderno assieme, che sa spostarti via ma cui puoi anche appoggiarti all’inizio dell’azione. Avercene.

Terzo posto: Andrea Barzagli (Juventus) Nomination banalotta ma inevitabile, perché la storia è sempre quella: Barzagli non sbaglia una partita. Non tanto nella singola giocata perché errare humanum est, quanto complessivamente: resta molto difficile assegnarli un’insufficienza in pagella. Anche con un anno in più e qualche presenza in meno (26) causa infortuni. E’ ancora il difensore più costante della miglior retroguardia d’Italia: non segna ma nemmeno alza il gomito come Chiellini, non imposta nè però scivola come Bonucci. Con la sua pulizia (solo 3 ammonizioni) e sicurezza sembra dire ai compagni: voi fate il vostro che io faccio il mio. Speriamo non sia in riserva, ai mondiali il lavoro non mancherà.  



Altre nomination: Alessandro Lucarelli e Gabriel Paletta (Parma) Giusto citarli assieme perché raramente l’uno si è stagliato sull’altro. Pur non essendo tecnicamente complementari ed anzi molto simili (fisicamente prestanti, forti di testa) hanno saputo affiatarsi al meglio, componendo un bel muro davanti a Mirante che pure ci ha messo del suo. Paletta ha giocato meno ma in 21 presenze ha convinto Prandelli, almeno per la preselezione azzurra; il “vecchio” Lucarelli ci ha dato dentro di più, bilanciando i 16 cartellini (14 gialli, 1 rosso) con 4 gol pesanti e, per quanto può effettivamente contare, il secondo posto assoluto nella classifica dei palloni recuperati: 787, molte più di Benatia (665) ad esempio. 

Giovanni Marchese (Genoa) La difesa del Grifo ha fatto passi avanti, incassando “solo” 50 gol dopo i 52 dell’anno scorso e soprattutto i 69 di due stagioni fa. Questo nonostante l’assetto a tre gasperiniano che solitamente espone la retroguardia a rischi extra, e un ricambio di interpreti pressoché totale perché dell’ultima difesa si è salvato solo Portanova. Non è tutto Perin quel che luccica: il laboratorio di Gasp ha prodotto nuovi esperimenti di successo come l’innesto centrale di De Maio e i riadattamenti laterali di Antonini e soprattutto Marchese. Quest’ultimo è arrivato come terzino di spinta ma ha saputo calarsi nella parte, mostrando una predisposizione prima d’ora sconosciuta alla marcatura e la contrasto nelle in zone più calde, dove un attimo di ritardo può costare caro. L’area di rigore non ha la pazienza della fascia, ma quella genoana ha trovato il suo Marchese. 

Daniele De Rossi (Roma) Allargando il concetto di difensore a tutti i giocatori che partecipano attivamente alla fase difensiva. De Rossi consente alla Roma di spiegare le ali, arretrando in mezzo ai centrali difensivi per comporre la retroguardia a tre. Troppo facile pronosticargli un finale di carriera alla Di Biagio, da difensore vero e proprio: nel frattempo Garcia si gode la sua coperta termica. Citazione d’obbligo anche per Morgan De Sanctis.

(Carlo Necchi)