Quali sono le colpe (vere) di Cesare Prandelli? Due, solo due. La prima, è la paura. Paura di non reggere al caldo e quindi una preparazione stressante che ci ha fatto scoppiare al momento giusto, come i crampi di Marco Verrati o di Ciro Immobile. Paura di vincere, una punta sola nella prima partita e mezzo, due punte per un solo tempo con l’Uruguay. Paura di insistere su schemi consolidati: nessun trequartista per una partita e mezzo, 4 attaccanti insieme nel finale di gara col Costarica. Paura di far giocare i giocatori nei loro ruoli naturali: se Antonio Cassano è una seconda punta (o un finto nove) non potrà rendere da prima punta e così Giorgio Chiellini, che è difensore centrale, non deve giocare da terzino sinistro, ecc. Paura di difendere i propri giocatori, quelli che ti hanno portato a qualificarti per il Mondiale. Pensate a Paolo Rossi: fece schifo nei primi tre match del Mondiale ’82, ma Enzo Bearzot insistette. Paura, paura, paura: ma perché questa paura? Qui sta il secondo grande errore di Prandell: aver perso quella indipendenza di giudizio che gli ha permesso di costruire la nazionale degli europei. Un quotidiano, per altro noto per le sue marcate visioni ideologiche, ha ironizzato sulle dichiarazioni di Prandelli titolando: “Adesso è colpa dei giornalisti sportivi!”.



Ecco, stavolta l’ha proprio azzeccata. L’arroganza di questi padroni del vapore pretende di decidere le convocazioni, di cambiare i moduli, di inneggiare a giocatori esclusi. E’ quello che è avvenuto negli ultimi 6 mesi, sopratutto da maggio in poi. Per conoscere le formazioni ufficiali, un cambio di modulo dal 4-4-2 al 4-1-4-1, non serviva aspettare la conferenza stampa del commissario tecnico. Bastava leggere certi quotidiani sportivi, già qualche giorno prima, e si era sicuri di quello che sarebbe capitato, e non per una particolare preveggenza dei suddetti esperti, ma perché la loro influenza sulla Federazione è praticamente assoluta. Si esalta Mario Balotelli e si impone una nazionale a una solo punta scrivendo sui giornali. Quando poi Balotelli fa schifo, non si fa autocritica: è colpa di Prandelli. Si pontifica sulla nazionale dei giovani che alla fine però fanno ancora più schifo. Autocritica? No, si dice che sono inesperti. Si vuole “l’ItalJuve” e fa schifo. Autocritica? Anche in questo caso sembra che i giornali dei giorni prima non siano mai usciti.



Ma come si può pensare che cambiando i giocatori da quelli che si sono qualificati per il Mondiale, inventando moduli strampalati, facendo giocare giocatori fuori ruolo (vedi Cassano o Parolo), si può andare avanti in un Mondiale? Come si fa a vivere bene quando ci sono giornalisti che dall’inizio del ritiro hanno cercato di creare divisioni interne allo spogliatoio, giocando sulle fragilità della squadra . D’altra parte abbiamo visto che nel dopoguerra l’Italia ha vinto il Mondiale due volte: quando si è imposta il silenzio stampa nel 1982 e quando non ha ascoltato i consigli pseudomoralistici dei giornalisti nel 2006. Allora, una proposta: perché i giornalisti che hanno parlato a vanvera imponendo la linea a Prandelli non si dimettono in massa per il bene del calcio italiano? Si potrebbe chiedere a Renzi di



 “rottamarli” con un provvedimento proesodati o di introdurli a nuove professioni: potrebbero fare gli stewart negli stadi, gli addetti ai tornelli, vendere i gelati o curare l’erba dei campi, dopo un apposito corso di formazione. A una condizione: che non scrivano più, per sempre. Potremmo rivincere presto un Mondiale.

(Lupo azzurro)