Dunque, la finale della Coppa del Mondo 2014, domenica 13 luglio alle 21 italiane, sarà Germania-Argentina. Partiamo da un dato: è una delle sfide andate in scena più volte nelle fasi finali di un Mondiale. Intanto diventa la finale più giocata, staccando Italia-Brasile: terza volta dopo il 1986 e il 1990 (una vittoria per parte). Ci sono però anche i quarti nelle ultime due edizioni (hanno sempre vinto i tedeschi, otto anni fa ai calci di rigore), uno 0-0 nel girone eliminatorio del 1966 e, tornando ancora più indietro nel tempo, un 3-1 (sempre prima fase) nel 1958 in cui segnarono un ventunenne Uwe Seeler e, con una doppietta, il mitico Helmut Rahn che quattro anni prima ne aveva fatti due nella finale contro l’Ungheria. Germania-Argentina: Europa contro Sudamerica, per la decima volta. Statistiche a parte, ecco la domanda: è la finale giusta? Per quanto si è visto nella complessità della Coppa del Mondo, forse no. Cile e Colombia a ben guardare avrebbero meritato miglior sorte, la Francia è stata una delle migliori per il gioco espresso, mentre l’Olanda della prima fase una qualche pretesa logica ce l’avrebbe. Il problema, al netto degli incroci del tabellone, è che poi si arriva al dentro o fuori; la media gol si è abbassata (2,83 nella prima fase contro 2,2 nelle partite a eliminazione diretta, contando però l'”anomalia” del 7-1 della Germania al Brasile) e si è visto, più che un trionfo del tatticismo e della perfetta organizzazione, un timore di vincere o, meglio, di prendere una rete in un momento cruciale della partita. Messa così, Germania-Argentina è la finale più giusta: i tedeschi hanno mostrato la loro tradizionale solidità e strutturazione in campo, aggiungendovi lampi di genio e qualità mischiati a un furore agonistico che contro il Brasile si è sublimato. Il quarto di finale è stato più che altro un’ottima dimostrazione di come si possa rischiare poco (il giusto) controllando i ritmi e la gara senza accelerare inutilmente. L’Argentina, vero, ha segnato solo due gol nelle tre partite dopo il girone; però non ne ha preso nemmeno uno, Sergio Romero è imbattuto da 373 minuti e questo conta eccome quando si vuole vincere un Mondiale (l’Italia del 2006 lo ricorda molto bene, la Spagna versione sudafricana anche). Certamente dall’Albiceleste di Leo Messi ci si aspettava qualcosina in più, tuttavia si può anche affermare che le sue avversarie abbiano faticato anche solo a tirare in porta (la Svizzera lo ha fatto soltanto all’ultimo secondo, l’Olanda manco quello). Soprattutto, vale la pena ricordare che quando la Seleccion è partita con una rosa più di corsa e fatica che di genio pirotecnico è arrivata in fondo, e questo ci dice tanto sulla garra e sull’appuntamento con il destino. E poi ci sono le due grandi sconfitte delle semifinali:
Del Brasile abbiamo detto, una partita si può sempre sbagliare ma più che una scarsa organizzazione e una mancanza di talento ha pagato lo shock psicologico di trovarsi sotto nella semifinale attesa da una vita, senza i suoi leader in campo si è sciolto e i valori visti al Mineirao si sono così alterati irreparabilmente, pur detto che questa nazionale non avrebbe meritato di arrivare fino in fondo per tutte le titubanze mostrate nel cammino. L’Olanda manca il bis sul traguardo: aveva vinto la lotteria dei rigori ai quarti, ha perso quella in semifinale. Louis Van Gaal si è dimostrato un genio della tattica ingabbiando Messi e rendendo inoffensiva l’Argentina, ma in due partite non è riuscito a segnare (i suoi ne avevano fatti 10 nel girone e due al Messico) e, al di là della sfortuna contro la Costa Rica, ha giocato costantemente sotto ritmo come se aspettasse qualcosa che non è mai arrivata. Sarà iellata, la nazionale orange, non lo neghiamo; ma ieri sera si è fatta del male con le sue stesse mani. Dunque sì: Germania-Argentina è la finale più giusta. La speranza è che ne venga fuori uno spettacolo stile Azteca piuttosto che una noia alla Olimpico; lo sapremo domenica sera, quando i tedeschi vinceranno il loro quarto titolo mondiale oppure l’Albiceleste farà tris.
(Claudio Franceschini)