La Coppa del Mondo 2014 è terminata. Ha vinto la Germania, per la quarta volta: battuta in finale l’Argentina come già era accaduto nel 1990. Di giocatori ne abbiamo visti tantissimi, quelli che si sono elevati dalla “normalità” non sono stati pochi; abbiamo provato a costruire una nostra personale Top 11, questa volta senza alcun criterio di età ma semplicemente tenendo conto di chi ha giocato meglio e di quale apporto è riuscito a dare alla sua nazionale. Questione di gusti, ma anche questione oggettiva perchè onestamente certi nomi non potevano mancare. E allora, ecco le nostre scelte. Modulo 4-3-3, quello base delle due finaliste (anche se la Germania si è spesso posizionata con il 4-2-3-1).
La FIFA lo ha premiato come migliore nel suo ruolo: meritatissimo. Neuer è il portiere moderno: agile tra i pali, sicuro e intraprendente nelle uscite, segue la linea difensiva come un libero staccato. Quando ti viene incontro fa paura: così ha ipnotizzato Palacio in finale, così ha frenato tanti avversari. Chiude con quattro gol subiti e soprattutto con un’aura di invicibilità. Ben rappresentata dalle statistiche: con lui in campo, di 54 partite la Germania ne ha perse 3. Chapeau.
Quando Joachim Loew lo ha riportato sulla fascia la Germania ha cambiato faccia. Giocatore straordinario, esempio perfetto del professionista esemplare: fa quattro e anche cinque ruoli, dà l’anima ovunque lo metti, sulla corsia si fa sempre trovare per la sovrapposizione e lo scarico. Va in affanno quando è lasciato nell’uno contro uno difensivo, ma l’età passa anche per lui. Dopo aver vinto tutto con il Bayern Monaco si toglie la soddisfazione di sollevare la Coppa del Mondo da capitano.
Dicevano: bravo, ma non troppo veloce e a volte va in confusione. Tutto vero; ma nei momenti decisivi non ha mai sbagliato un intervento. Due o tre in finale sono stati da Premio Nobel immediato, ha un senso del momento e del tempo dell’entrata quasi unici. Ha finito stremato contro l’Argentina, ma ha coperto tutto quel che poteva. Particolare non secondario: ci ha aggiunto due gol, uno pesantissimo per battere la Francia.
Da ragazzino sembrava destinato a una carriera straordinaria, campione d’Europa Under 21 per due anni consecutivi e in rampa di lancio. Lo hanno frenato gli infortuni; uscito dal giro della Nazionale ha stretto i denti, si è rifatto una carriera in Inghilterra ed è arrivato in Brasile da titolare. Mondiale encomiabile: dove non arrivava con la rapidità di gambe lo faceva con il pensiero e con il senso della posizione. Guida perfetta per la giovane difesa dell’Olanda, peccato per quel rigore che non può però macchiare un grande torneo.
Alejandro Sabella lasciò l’Estudiantes quando seppe che gliel’avevano venduto. Ecco perchè lo ha voluto titolare nella sua Argentina; abbiamo capito perchè gli piace tanto. Fa tutta la fascia senza soste, ha garra e forza fisica di un mediano e piede sinistro da trequartista. Mai un cross banale, mai fuori dalla partita. Ha sbagliato un solo pallone in finale, per il resto ha frenato chiunque transitasse dalla sua parte. E infatti, il gol che ha tradito l’Argentina è arrivato dall’altra.
Eroico. Veniva da una stagione travagliata per gli infortuni, ha stretto i denti e finito sempre sulle ginocchia. Il suo Mondiale è sintetizzato dalla finale: ha subito centinaia di botte, ha chiuso con un taglio allo zigomo e i crampi, ma quando ha visto che Loew voleva sostituirlo con Grosskreutz lo ha guardato brutto ed è tornato a lottare. Ha iniziato la carriera come ala, oggi è uno dei migliori centrali di centrocampo al mondo. Un leader naturale, ha iniziato giovanissimo e vinto tutto, da ieri anche la Coppa del Mondo. Senza di lui la mediana della Germania sarebbe stata ben altra cosa, in negativo.
Simbolo della Roja che avrebbe meritato ben altra fortuna in questo Mondiale, e che si è stampata sulla traversa centrata da Pinilla. A 25 anni Aranguiz ha giocato un grande torneo, impreziosito dal gol che ha definitivamente affondato la Spagna. Con Vidal e Marcelo Diaz ha formato una linea mediana di grande qualità ma anche di corsa, lui era forse il meno noto e ha impressionato per la qualità con cui è statoin campo. L’Udinese, tanto per cambiare, ci aveva visto giusto: non potendolo tesserare perchè extracomunitario lo ha spedito in Brasile, lui è esploso con l’Internacional e per 8 milioni lo riscatterà. Gran peccato, ma in Europa potrebbe tornarci.
Intanto è il capocannoniere del Mondiale con 6 gol (in 5 partite), due dei quali straordinari (Giappone, il primo all’Uruguay); in più è finalmente esploso sulla scena, giocando un calcio meraviglioso in almeno tre ruoli diversi. A 22 anni (i 23 li ha compiuti due giorni fa) ha preso per mano un Colombia talentuosa e divertente e l’ha condotta alle porte del sogno; ultimo a mollare, ha preso calci a destra e sinistra ma dimostrato che è un fenomeno di quelli veri mettendo in crisi da solo il Brasile. Proseguirà la carriera nel Real Madrid: se lo merita, sperando che non venga troppo chiuso dal turnover.
L’immagine di Robben che consola il figlio Luka in lacrime tra le braccia di mamma Bernadien ha fatto il giro del mondo. Simboleggia molto bene la delusione e la commozione per un giocatore che ha dato tutto ma ancora una volta, come ancora una volta succede all’Olanda, si è fermato a due passi dal traguardo. Un Mondiale stratosferico: tre gol, il rigore procurato contro il Messico, giocate che hanno spaccato le difese avversarie. Ha sbagliato solo una partita, ma era la più importante: contro l’Argentina si è fatto ingabbiare, però non ha tremato dal dischetto. Era l’ultima chiamata, con tutta probabilità: peccato, ma esce da vincitore.
Sono finiti gli aggettivi per questo ragazzo di nemmeno 25 anni che in due edizioni dei Mondiali ha segnato 10 gol, che attenta già ora al record di Miroslav Klose e che è l’anima di una Germania che ha espresso il calcio migliore. Trequartista, esterno destro, seconda punta, centravanti: sa fare tutto, soprattutto sa mettere la palla in porta. Corre come un mediano, deve anche avere un bel caratterino ma se ce l’hai in squadra sei solo contento. Personalità che hanno in pochi, si laurea campione del mondo sapendo di avere, se gli andrà bene, almeno altri due giri di giostra.
Finchè c’è stato, ha portato un Brasile rivelatosi mediocre fino alla semifinale. La ginocchiata di Zuniga gli ha fratturato la vertebra e spezzato il grande sogno; è giovane e si rifarà. Intanto non possiamo non premiare un giocatore che ha segnato 4 gol nel girone e che da solo ha spaventato le difese avversarie. Senza di lui la Seleçao si è sciolta come neve al sole, con lui invece aveva sempre uno sfogo offensivo. Palla in banca, come si suol dire, e una componente psicologica non indifferente. Peccato non abbia potuto giocare contro la Germania: forse le cose non sarebbero cambiate, ma avrebbe meritato di esserci.
Se non lui, chi? Ha avuto anche il grande merito di cambiare in corsa. E’ partito con Lahm davanti alla difesa ricalcando il Bayern Monaco di Guardiola, ha riportato il suo capitano a destra mettendo un Khedira non al meglio. La Germania ha cambiato volto. Ha umiliato il Brasile in semifinale, soprattutto ha azzeccato i cambi in finale: mettendo Schurrle per Kramer ha fatto capire che voleva fare la partita e possibilmente vincerla prima dei rigori, ed è stato bravo a ridare fiducia a Gotze che tanti avevano criticato e che lui stesso aveva messo leggermente da parte. Risultato: Schurrle gli ha fatto il break sulla sinistra, Gotze gli ha vinto il Mondiale. Meglio di così non poteva sperare; durante le celebrazioni è rimasto in disparte, volendo dare il palcoscenico ai suoi giocatori. Non era lui ad allenare nel 2006 (si era detto così) ma stavolta sì: si è visto.
(Claudio Franceschini)