Tutti zitti, e magari anche in piedi, quando parla Rod Laver. Non può essere altrimenti: 11 titoli dello Slam (quattro a Wimbledon), almeno 198 trofei vinti (anche se l’ATP ne riconosce “appena” 40), uno stadio di tennis dedicato (il campo centrale degli Australian Open) con tanto di statua che lo raffigura. Per il tennis Laver è una leggenda, tanto da far arrossire e chinare il capo a gente come Pete Sampras e Roger Federer che, già campionissimi, si sono trovati a scambiare con lui due parole e magari qualche pallina. Ecco: Rod Laver ha detto la sua su Nick Kyrgios. Lo ha fatto ieri, prima che il ragazzino terribile e suo connazionale battesse Rafa Nadal; ma l’opinione rimane validissima, anzi lo è ancora di più adesso che è arrivata la grande impresa. “La gente parla di cose da quattro soldi” ha detto Rod. “Gli australiani non devono dire che è già una stella o che lo sarà sicuramente, altrimenti lui penserà che può anche smettere di allenarsi duramente. Cosa che deve fare ancora, e ancora di più”. C’è un riferimento nelle parole di The Rocket: Bernard Tomic, il classe ’92 entrato nel circuito ATP con aspettative addirittura enormi e ritrovatosi invece a sgomitare anche solo per arrivare al terzo turno degli Slam. Lo sa bene Laver: per diventare un campione la strada è bella lunga.



Quando la storia passa sul campo da tennis, o in altri campi anche non inerenti allo sport, spesso e volentieri ce ne si accorge in ritardo. Restiamo nel mondo della racchetta: chi avrebbe potuto dire, quel 2 luglio del 2001, che quello svizzero con fascetta e codino sarebbe diventato – a oggi – il giocatore con più titoli Slam nella storia? “Bravino questo Federer” avevamo detto tutti. “Chissà, può fare strada”. Eccome: aveva appena battuto Pete Sampras, vincitore di sette delle ultime otto edizioni di Wimbledon. Eppure, non tutti avevano intuito la portata dell’evento, e che quello era un vero e proprio passaggio di consegne. La stessa cosa oggi? Nick Kyrgios ha schiantato il numero 1 del mondo Rafa Nadal negli ottavi di finale dei Championships. Lo ha fatto con la faccia pulita del ragazzino di 19 anni che ancora è, ma con l’arroganza dei campioni. Vincendo i tie break del primo e del terzo set per costruirsi un vantaggio che ha legittimato nel quarto parziale. D’accordo: Rafa sull’erba non ha mai dominato. Ha vinto due volte Wimbledon, ma nel momento di maggior splendore fisico e in un periodo nel quale Novak Djokovic e Andy Murray dovevano ancora sbocciare; e però, anche così, questo Kyrgios ha battuto un campione, e un campione lo devi sempre far fuori innanzitutto mentalmente, perchè se sei un adolescente hai paura anche solo a guardarlo dall’altra parte della rete. Nato a Canberra da padre greco e madre malese, uno dei tanti ellenici trapiantato in Australia; la carta d’identità dice 27 aprile 1995. Nemmeno vent’anni. E’ un promettente giocatore di basket, ma a 14 anni decide che il suo futuro sarà con la racchetta in mano. A 15 anni vince l’Air Pacific South Pacific Open Junior Championships nelle isole Figi, ma è nel doppio che si afferma: con il fidato compagno Andrew Harris porta a casa Roland Garros e Wimbledon. Poco per volta però arrivano anche i successi nel singolare: il più prestigioso di tutti è del gennaio 2013, quando si aggiudica gli Australian Open juniores di categoria battendo in finale il connazionale Thanasi Kokkinakis, un altro che come lui può diventare grande. Da pro ha già iniziato l’anno prima, con vittoria del suo primo incontro nel torneo Future di Kofu. Poca roba, ma intanto cresce; gioca nei Challenger, ottiene una semifinale e poi si aggiudica il Nature’s Way Sydney Tennis International, e poi ancora il future di Yuxi in Cina. La sua prima apparizione nel tabellone principale di uno Slam arriva al Roland Garros lo scorso anno: batte Radek Stepanek con tre tie break, ma poi viene sconfitto da Marin Cilic. Ci riprova agli Us Open: supera i tre turni di qualificazione ma è sfortunato nel sorteggio arenandosi subito contro lo scoglio David Ferrer. Intanto però il suo nome circola, si parla di questo ragazzino che gioca bene e che sì, può emergere. Siccome però lo si dice da tempo dei Dimitrov e degli Janowicz e l’esplosione ancora non c’è stata, un po’ di cautela permane. Kyrgios però prosegue per la sua strada: agli Australian Open dello scorso gennaio batte Benjamin Becker per poi uscire in una maratona ai cinque set contro Benoit Paire (era in vantaggio 2-0). A Parigi ancora una volta pesca un Top Ten al primo turno: Milos Raonic lo fa fuori in tre set. E’ però il preludio a quanto accaduto ieri, sul campo centrale di Wimbledon: Kyrgios gioca contro Nadal dopo aver eliminato Stephane Robert, Richard Gasquet (testa di serie numero 13) e Jiri Vesely. Sembra un incontro scontato, e invece l’australiano se lo aggiudica in tre ore, suscitando grande sensazione soprattutto per come ha saputo portare a casa due tie break contro il numero 1 al mondo. E adesso? E adesso, chissà: la storia insegna che vittorie del genere si possono anche centrare (pensate a Lukas Rosol, sempre contro Nadal, per rimanere in tempi recenti) ma che la differenza vera la fa la costanza. Nick Kyrgios è l’uomo del momento, ma per diventare l’uomo dei suoi anni avrà bisogno di proseguire su questa strada, confermarsi e vincere ancora incontri così. Nel frattempo con questa vittoria entrerà nei primi cento al mondo dal prossimo lunedi (attualmente è numero 144); nel frattempo oggi se la vede con Milos Raonic, numero 8 del tabellone: dovesse farcela, gli si spalancherebbero le porte della semifinale. Contro Roger Federer, magari; e Roger quel 2 luglio del 2001 se lo ricorda bene, come potrebbe dimenticarlo. Fanno 13 anni oggi: se è destino, andrà in un certo modo. 



(Claudio Franceschini)

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