Una vittoria di cui si parla ancora quella di Vincenzo Nibali al Tour de France 2014. Del resto erano sedici anni che un corridore italiano, Marco Pantani, non si aggiudicava la Grande Boucle;. E mentre la nostra nazionale di calcio è affondata in Brasile, lo Squalo ha salvato l’immagine dello sport italiano: questo atleta siciliano ha già in bacheca Giro, Tour e Vuelta, essendo soltanto il sesto ciclista nella storia ad aver vinto tutte le tre corse a tappe. Gli manca solo il Mondiale, ma certo non si può negare anche così la sua infinita classe e il suo talento. Un Nibali che è cresciuto di stagione in stagione; ma per sapere come è nato, quali sono stati i suoi primi passi nel mondo della bicicletta, e per conoscere anche il lato “privato” del siciliano, IlSussidiario.net ha contattato in esclusiva il padre di Vincenzo, Salvatore.
Com’era Nibali da piccolo, qual è stato il suo primo sogno sportivo? Da piccolo il signor Ricciardo aveva provato a farlo giocare a calcio, una cosa normale per un ragazzino; ma Vincenzo rispose picche, non voleva assolutamente. 
La bicicletta è quindi stata il suo primo amore? Sì, e in merito ricordo ancora un episodio: una volta un negozio si allagò e il proprietario mise una bicicletta che si trovava all’interno nel cestino della pattumiera. Per lui era da buttare; noi la recuperammo, mia moglie la ripulì e la disinfettò. Si trattava di una una bici a tre ruote; Vincenzo all’epoca aveva tre anni, se ne innamorò subito.
Lei invece era già un appassionato di questo sport? Mettiamola così: appena dopo il matrimonio avevo qualche problema di peso e mia moglie mi regalò una bicicletta per fare movimento. Da lì ho iniziato ad appassionarmi al ciclismo, uno sport che oggi amo.
Ricorda la prima gara di Vincenzo? Come no! La Barcellona-Sant’Antonio. Andò in fuga, poi venne ripreso nel finale e perse in volata. Ricordo che io non volevo farlo gareggiare, non mi sembrava che fosse adatto per questo sport. Lui insistette e mi convinse: aveva ragione lui.
Quando ha capito che poteva diventare un campione? C’è stato un momento preciso? L’ho capito abbastanza presto: nella terza gara da esordiente diede quattro minuti al secondo. Aveva già messo in evidenza le sue doti di campione. Posso anche aggiungere un particolare…
Prego. Se gli capitava di cadere, e vi assicuro che succedeva, diceva ai medici che lui doveva diventare un professionista, di stare attenti con lui, perchè questa sarebbe stata la sua carriera da grande.
E quando Vincenzo lasciò la Sicilia per andare a correre in Toscana, come ha reagito? Con assoluta tranquillità: sapevamo che sarebbe andato in un posto ideale per lui. Ci dissero che lo prendevano ragazzino e poi l’avrebbero trasformato in una persona adulta.
Lo sente spesso anche adesso? Ci chiama spesso, è molto attaccato alla famiglia. Abbiamo un grande rapporto con Vincenzo.
Sa se è appassionato di qualche altro sport? A dire il vero non segue molti sport; gli piacciono però la Formula Uno, tifa ovviamente la Ferrari, e il go kart. E poi ammira Valentino Rossi.



(Franco Vittadini)

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