Il destino dei fuoriclasse è anche quello di prenderle. Il calcio cambia nelle sue forme ma non nella sostanza, resta un gioco virile: come si suol dire le botte si danno e si prendono, non si riesce sempre a prendere la palla. Lo sa bene Arjen Robben che ha fatto del dribbling una sorta di ragione di vita professionale: parte dalla fascia destra, punta l’avversario e rientra sistematicamente e inesorabilmente sul suo piede forte, il sinistro. Lo fa sempre e sempre o quasi riesce nell’intento di smarcarsi. Assieme all’arte dello slalom però il campione olandese ha affinato negli anni anche quella del tuffo, la cosiddetta simulazione o diving in inglese. Non che sia l’unico nel mondo del calcio ed anzi, visto che l’occasione fa l’uomo ladro ci sarà sempre qualcuno capace di fingere o accentuare un contatto ad arte, di modo da indurre il malcapitato arbitro in tentazione. In questi giorni però c’è chi si è concentrato particolarmente su Robben, evidenziandone simulazioni presenti e passate. Ha fatto rumore a livello mediatico la sua “performance” contro il Messico, negli ottavi di finale della Coppa del Mondo 2014: nel primo tempo il numero 11 oranje ha cercato di conquistare un rigore senza successo, nel secondo invece ce l’ha fatta e l’Olanda è così riuscita ad evitare i tempi supplementari completando la rimonta. Nelle ore seguenti la partita Robben ha ammesso di aver simulato il contatto nel primo tempo, dichiarandosi però innocente in merito all’episodio successivo. Sul web c’è chi ci ha scherzato su rievocando un precedente illustre: il “volo” nell’area dell’Arsenal durante un altro ottavo di finale, quello doppio dell’ultima Champions League vinto dal Bayern Monaco con un complessivo 3-1. E visto che un video tira l’altro, c’è anche chi ha voluto ricamare un pò sul tema. Nel week-end l’allenatore della Costa Rica, avversaria dell’Olanda nei quarti dei mondiali, aveva espresso la sua preoccupazione riguardo ai tuffi di Robben, suggerendo agli arbitri l’espulsione immediata in caso di nuovo episodio. Fortunatamente non ce n’è stato bisogno.