Uno sconosciuto in Brasile? Strano: non capita tutti i giorni di avere a che fare con un calciatore che nella storia della nazionale verdeoro ha collezionato 142 presenze, è diventato due volte campione del mondo (nel 2002 da capitano) e ha giocato tre finali di Coppa del Mondo consecutive. Una leggenda, eppure ieri sera lo hanno bollato come uno sconosciuto; e non in mezzo alla strada dove, per carità, può capitare che una celebrità del calcio non venga riconosciuta da chi non mastica troppo pallone. No: gli è successo nel ventre dell’Estadio Mineirao di Belo Horizonte, poco dopo l’umiliazione subita dal Brasile nella semifinale contro la Germania. “Gli estranei non possono entrare”: così, secondo il racconto dello stesso ex terzino a ESPN, gli avrebbero risposto quando ha provato a varcare la soglia. “Io volevo confortare i giocatori dopo la sconfitta, in quel momento avevano bisogno del sostegno di qualcuno; eppure mi hanno detto che non volevano sconosciuti”. Possibile? Pare di sì, e la colpa sarebbe del presidente della Federazione brasiliana José Maria Marin. “Anche i giocatori mi hanno detto che era stato lui a dire di non far entrare nessuno”. Pazzesco, ma nella serata di ieri sono successe cose ancor più incredibili in campo.



Non solo calcio. La Germania sta vivendo un grande periodo anche nel tennis; forse è passato sotto traccia il fatto che Boris Becker abbia vinto il torneo singolare di Wimbledon come allenatore di Novak Djokovic (giustamente: i coach hanno sempre un ruolo secondario e defilato), ma certamente non è sfuggito che la squadra tedesca di Fed Cup ha conquistato la finale dopo 22 anni. La giocherà a novembre, contro la Repubblica Ceca; anche loro in trasferta, anche loro contro una super potenza dello sport in questione. La cosa viene utile per dire che tutte le componenti della squadra sono grandi appassionate di calcio: Angelique Kerber e Julia Goerges sono tifose del Bayern Monaco (lo è anche Sabine Lisicki, che però quest’anno non ha giocato i match del torneo), mentre Andrea Petkovic adora l’Eintracht Francoforte. Ovviamente tutte loro hanno gioito per l’incredibile semifinale di ieri sera: Brasile-Germania 1-7. La Kerber si è limitata a un messaggio su Facebook esprimendo la sua felicità, la Lisicki ci ha aggiunto una foto nella quale l’espressione dice tutto. Andrea Petkovic, certamente la più divertente del gruppo, si è esibita in una serie di tweet di scherno nei confronti dei verdeoro; in uno di questi ha detto che fosse stata Scolari “avrei piazzato un pullman davanti alla mia porta, acceso un cero in Chiesa e pregato di non essere distrutto”. Poi, passata l’euforia, ha anche fatto i complimenti al Brasile per aver dato tutto fino alla fine; già, ma resta che la sua Germania è in finale dopo aver riscritto la storia. 



La lotta delle copertine. All’indomani di un fatto storico, per tastare il polso delle reazioni e del clima che si respira è sempre utile osservare le copertine dei vari quotidiani; la semifinale di Coppa del Mondo 2014 andata in scena ieri sera a Belo Horizonte è un fatto storico. Brasile-Germania 1-7: la sconfitta più pesante dei verdeoro, la prima caduta casalinga dal 1975 e il risultato più largo in una semifinale mondiale, dopo che lo stesso Brasile aveva superato la Svezia con un 5-2 in terra scandinava nel 1958. E allora, se O Dia come abbiamo visto ha utilizzato una frase che Felipe Scolari aveva rivolto ai giornalisti rigirandola contro il Commissario Tecnico della nazionale verdeoro, l’edizione brasiliana di Metro ha lasciato parlare un’immagine. Bellissima e insieme terribile dal punto di vista estetico: una panoramica del Mineirao ormai buio, con i riflettori che si stanno spegnendo. Sullo sfondo, lontano eppure visibile, il maxischermo sul quale si legge ancora “1-7”. Dice tutto, senza bisogno di aggiungere altro. 



In Germania, si sa, una delle celebrazioni più in voga e conosciute anche all’estero è l’Oktoberfest; fiumi di birra, canti, bevute di gruppo e ilarità. La birra, che spesso e volentieri viene accostata ai tedeschi nell’immaginario collettivo (a buona ragione, viene da dire) diventa protagonista di un simpatico video che sta girando per la rete e che ben descrive quanto andato in scena ieri sera al Mineirao di Belo Horizonte: Brasile 1 Germania 7, semifinale di Coppa del Mondo 2014 e peggiore sconfitta nella storia della nazionale verdeoro. Nel video compare un cocktail molto elegante e raffinato accompagnato da una bandierina brasiliana; e poi, esattamente come ieri sera…

“Sette, e a casa”. Le prese in giro sul web dopo Brasile-Germania 1-7 si sprecano: del resto non capita tutti i giorni di assistere a una semifinale mondiale in cui una nazionale fa sette gol a quella che, oltre a giocare in casa, ha vinto cinque edizioni della Coppa del Mondo. In Brasile è una tragedia nazionale: non potrebbe essere altrimenti, qui in occasione dell’esordio contro la Croazia avevano addirittura chiuso le scuole proclamando una festività, dunque potete ben immaginare cosa significa l’umiliazione di Belo Horizonte. Chi festeggia è l’Argentina, nemico storico del Brasile: i tifosi dell’Albiceleste vanno in giro da giorni per le strade del Paese verdeoro cantando un coro che spopola in rete e che parla di come la Seleçao stia ancora piangendo per la sconfitta di Torino 1990 (gol di Caniggia) e di come Maradona sia meglio di Pelé, eterno duello tra le due nazioni su chi sia stato il calciatore più forte di tutti i tempi. Già, Maradona: proprio lui è stato immortalato nel gesto del 7, come i gol incassati dal Brasile, fatto con le dita delle due mani. Attento Diego: oggi si ride e si scherza, ma questa sera l’Argentina gioca contro l’Olanda. Sai mai che a ridere gli ultimi non siano gli albiceleste…

“Se non vi piace come gestisco la squadra, andate all’inferno”. In questa maniera decisamente colorita e poco rispettosa Felipe Scolari aveva apostrofato i giornalisti che criticavano il suo Brasile, invitandoli a farsi gli affari loro. Che i verdeoro non fossero la corazzata del bel calcio e della fantasia che ci si aspettava lo si era capito fin dalla partita inaugurale contro la Croazia; la stampa, che da quelle parti sa essere molto diretta nelle domande e nelle analisi, non aveva perso tempo nel far sentire la sua voce ed esprimere i suoi dubbi circa la buona riuscita della campagna verdeoro in Coppa del Mondo. Ricorderete le critiche che erano piovute su Carlos Dunga dopo il fallimento del 2010, o quelle che avevano accompagnato tutta la gestione di Mano Menezes; la mannaia è calata impietosa su Felipao dopo la pazzesca e umiliante serata di ieri: Brasile-Germania 1-7. Il quotidiano O Dia non ha perso tempo nel rivoltare la frittata: se Scolari aveva mandato i giornalisti all’inferno beh, ora all’inferno ci vada lui. Ed è esattamente quello che compare in prima pagina. Vanno fatti anche i complimenti per la scelta della foto, non c’è che dire…

Ricordate Gustavo Kuerten? Per tutti Guga, oggi ha 37 anni; nato a Florianapolis, tra fine anni Novanta e inizio dei Duemila è stato un grande giocatore di tennis, riuscendo a scalare il ranking ATP fino a prendersi la prima posizione mondiale. Faceva parte di quella generazione arrivata tra il calo fisiologico di Pete Sampras e Andre Agassi e la crescita di Roger Federer; lui era il più forte o uno dei più forti, vinse tre volte il Roland Garros ma non fu mai troppo competitivo sulle altre superfici che non fossero la terra rossa, dove invece dominava. Aveva però tanto talento: andava benissimo alla rete e il suo rovescio parlava. Si è ritirato nel 2008 a 32 anni, ma già due anni prima aveva detto stop una prima volta, crollato in classifica per i continui problemi muscolari. Ieri anche lui era uno 20 dei milioni di tifosi brasiliani invocati da Neymar; per l’occasione aveva anche scelto di indossare un paio di scarpe decisamente speciale, con i colori della bandiera del suo Paese. Non è andata bene: come ha poi scritto lui stesso poche ore più tardi, la Germania ha infiltto “una lezione di calcio”

Difficile spiegare un . Ancora più difficile spiegarlo se a subirlo è una nazionale come il Brasile, una delle superpotenze del calcio mondiale. Diventa semi-impossibile se i verdeoro lo hanno subito in una semifinale mondiale, in casa loro e dopo una striscia di imbattibilità tra le mura amiche che resisteva dal 1975. Il Brasile è a pezzi: fuori dalla finale che sognava di vincere per vendicare il Maracanazo, schiantato sul piano del gioco e umiliato dal risultato. La reazione dei giocatori è stata sostanzialmente unanime: qualcuno ha detto che è un colpo durissimo, altri si sono concentrati su questioni tattiche, altri hanno parlato di una Germania sorprendente che ha minato le certezze della Seleçao. Dani Alves l’ha presa in un altro modo. Messo in panchina per la seconda volta consecutiva da Felipe Scolari, il terzino destro del Barcellona è sostanzialmente l’unico che ha parlato del massacro di Belo Horizonte come del punto di arrivo di un processo molto più radicato. “Lo dico da molto tempo” riporta O Globo. “Abbiamo bisogno di evolvere; il calcio si sta evolvendo in tutto il mondo, guardate la Costa Rica o il Cile. Siamo il Paese del calcio, ma non siamo i padroni del calcio”. Come dire: il problema è più profondo, questo 1-7 non è frutto di una prestazione disastrosa che può capitare anche ai migliori ma è la derivazione di un movimento che ha perso la sua identità e deve cambiare volto. Del resto si era detto alla vigilia di questa Coppa del Mondo: il Brasile non è certo la nazionale del futebol bailado, questo gruppo somiglia molto più ad una squadra operaia con un paio di ottime individualità. Se nel una nazionale di corridori e faticatori aveva comunque trionfato con i gol di Romario e Bebeto, qui è rovinosamente caduta. Sì: serve un restyling completo. 

C’è il lato degli sconfitti, e c’è quello dei vincitori. E’ giusto che dopo Brasile-Germania 1-7 la maggior parte dei commenti e delle analisi si sia concentrata sull’umiliante batosta subita dai verdeoro; che giocavano in casa, e che mai avevano preso sette gol, figurarsi poi in una semifinale mondiale. Ma ci sono anche i tedeschi; che rivedremo domenica nella finale del Maracanà, e che dovranno gestire la situazione perchè sì, d’accordo i sette gol che potevano pure essere otto o nove, ma adesso bisogna ritrovare la concentrazione e sapere che non sarà certo una passeggiata di salute, Olanda o Argentina che sia. Il rischio, avvertono dalla Germania, è che l’entusiasmo porti la nazionale a pensare che ora la strada sia in discesa, che basti giocare in questo modo per distruggere il prossimo avversario e vincere la quarta Coppa del Mondo. Discorsi che vanno lasciati a domenica; per il momento però i tedeschi festeggiano, e lo fanno con mille ragioni. Anche i personaggi celebri: Steffi Graf oggi ha 45 anni e vive a Las Vegas con il marito Andre Agassi (a proposito di star), in carriera ha vinto qualcosa come 22 titoli dello Slam e ha saputo centrare, nel 1988, il Golden Slam. Ovvero, i quattro tornei Major più la medaglia d’oro olimpica. Una leggenda vivente insomma, orgoglio di tutto un popolo. Ieri, per una volta, è stata lei orgogliosa della sua squadra di calcio: maglietta d’ordinanza e bandiera dipinta sulle guance, Steffi si fa ritrarre davanti al televisore che mostra impietoso lo 0-7 (Oscar non aveva ancora segnato; cambia poco anzi nulla) e posta su Facebook scrivendo “che grande prestazione!”. Un po’ come le sue, quando annichiliva le avversarie (già: detiene anche il record per la finale di uno Slam più corta di sempre, qualcosa come 32 minuti contro la povera Natalja Zvereva). Che la foto l’abbia scattata Agassi? Può essere: gli Stati Uniti sono stati eliminati agli ottavi, e quindi da buon marito avrà tifato Germania…

, altro che Maracanazo. La sconfitta, nel 1950 e a Rio de Janeiro, del Brasile in finale di Coppa del Mondo contro l’Uruguay (1-2 per la Celeste, ai brasilani sarebbe bastato un pareggio) non è nulla, o quasi rispetto allo psicodramma che ha avuto luogo ieri al Mineirao di Belo Horizonte. I verdeoro, come un pugile suonato, sono andati k.o. contro la Germania. Le Aquile, passate in vantaggio all’11′ con Thomas Muller, hanno segnato 4 gol in 6 minuti davanti a un pubblico brasiliano e mondiale esterrefatto per l’impotenza e il panico dei giocatori di Scolari innanzi alla furia dei ragazzi di Loew. E i tifosi della Seleção non l’hanno presa certo bene; a San Paolo, per esempio, è stata una notte di follia: sono 20 (almeno) gli autobus dati alle fiamme secondo Globo Tv. Le maschere di Neymar non hanno funzionato e possono servire solo ad asciugarsi le lacrime per una sconfitta che sarà una cicatrice indelebile per tutto il Brasile. Incredulità e poi tanta rabbia. L’incredibile cappotto subito dal Brasile contro la Germania (7-1 per i tedeschi) ha scatenato l’ira del popolo brasiliano che nel corso della notte si è reso protagonista di atti di vandalismo e rapine, oltre agli autobus bruciati a San Paolo. Negozi saccheggiati, incidenti e violenze anche a Belo Horizonte, città teatro della disfatta: qui si contano 12 feriti e 8 arrestati. Alta tensione anche a Salvador e a Rio de Janeiro: qui la polizia ha arrestato sei giovani che avevano rapinato alcuni tifosi stranieri che assistevano alla partita nel Fan Fest della FIFA, sulla spiaggia di Copacabana.

Epocale, storico, o quello che volete. La Germania batte il Brasile con l’incredibile risultato finale di nella semifinale di Coppa del Mondo 2014. Infliggendo ai verdeoro una sconfitta casalinga che entra nella storia in mille modi diversi. Sembra di essere tornati ai tempi dei pionieri e delle televisioni in bianco e nero, quando vedere squadre che si segnavano cinque o sei gol a vicenda era una normalità. Qui per di più c’erano in campo i padroni di casa, quelli chiamati dal destino a vincere un Mondiale scappato 64 anni fa. Qualcosa di mai visto. Lacrime sugli spalti; nel primo tempo. Poi, sono diventati fischi, a un certo punto applausi alla Germania, infine nuovamente bordate di fischi. A una cosa simile nessuno poteva credere, nemmeno se li avessero preparati in anticipo. E infatti, la reazione dell’opinione pubblica è stata scioccata. Dai titoli dei giornali (O Globo dedica una galleria fotografica ai volti dei tifosi con il titolo “sofferenza, frustrazione e perplessità”) a quelle dei giocatori; David Luiz in lacrime nell’intervista finale per esempio. Non solo: i colleghi che hanno assistito dalla televisione alla partita non ci potevano credere. Fabio Cannavaro ha twittato un “unbelievable” con lettere maiuscole, e il gioco è diventato quello di postare fotografie in tempo reale con facce sconvolte da quanto si stava vedendo. Un altro esempio? Romelu Lukaku, che ha raggiunto i quarti di finale con il Belgio, e dalla cui espressione si capisce bene quanto stesse succedendo al Mineirao. Tim Cahill, il 34enne eliminato al primo turno con la sua Australia. “Wow wow wow è pazzesco” ha scritto. Prevedendo anche qualche cartellino rosso di frustrazione; lo ha rischiato David Luiz, ma almeno in quello i brasiliani si sono contenuti. Ieri sera; da oggi inizieranno i processi. Verso tutti e contro tutti, nessuno escluso. Perchè non eravamo a Rio de Janeiro, ma questo è peggio del Maracanazo.

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