Una vittoria lampo, o quasi. Andy Murray vola in semifinale agli Australian Open per la quinta volta nelle ultime sei stagioni; ha battuto l’idolo di casa Nick Kyrgios in due ore e 5 minuti con il punteggio di . Per il diciannovenne rampollo australiano la scritta con il cartello “ripassare”, ma anche tanti applausi per un giocatore davvero molto cresciuto e che ha giocato uno Slam da ricordare, basti pensare che solo due anni fa vinceva sì questo torneo ma a livello juniores. Contro Murray la storia è stata diversa dagli altri incontri; lo scozzese ha già due Slam in bacheca, è stato numero 2 al mondo, ha battuto più volte tutti i big, e soprattutto in questo torneo sta dando l’impressione di essere mentalmente solido e fisicamente guarito dai malanni degli ultimi tempi. La sua vittoria è stata netta; dopo aver surclassato Dimitrov l’insidia Kyrgios poteva dare filo da torcere, e invece Andy non ha tremato. La semifinale contro Tomas Berdych è 50 e 50, ma il classico centesimo lo giochiamo sul britannico che agli Australian Open ha giocato tre finali perdendole tutte.
Grandi sorprese nella giornata che ha aperto i quarti di finale degli Australian Open 2015. Grandi sorprese, oppure risultati che tecnicamente ci saremmo potuti aspettare? Spesso nel tennis il confine è labile, e allora mettiamola così: due grandi nomi sono stati eliminati sulla strada verso il titolo. Di sicuro il nome che fa più rumore è quello di Rafa Nadal; il quale aveva una serie di 17 vittorie consecutive contro Tomas Berdych e non ci perdeva dal 2006, ma è rovinosamente caduto con un netto in due ore e 13 minuti. Fine della corsa per il maiorchino: lo aveva detto lui stesso che non pensava di vincere gli Australian Open, poteva sembrare scaramanzia ma il modo in cui era rientrato a Doha (sconfitta immediata da Berrer) lasciava presagire che effettivamente qualcosa non andasse. Resta che la sconfitta fa male, e restano i grandi meriti a Berdych che su questa superficie può battere chiunque e adesso diventa insidiosissimo per il suo avversario in semifinale, cioè Andy Murray o Nick Kyrgios. Per il ceco è solo la quarta semifinale Slam in carriera; a Wimbledon 2010 raggiunse la finale ma la perse da Nadal, lanno scorso a Melbourne era arrivato al penultimo match ma era stato battuto da Wawrinka perdendo due tie break su tre. Prima ancora che la Rod Laver Arena salutasse Nadal per lultima volta in questa edizione degli Australian Open, leliminazione era toccata a Simona Halep: la rumena, numero 3 del tabellone femminile, è stata nettamente battuta da Ekaterina Makarova, che centra così la seconda semifinale Slam consecutiva dopo quela agli Us Open. E finita in unora e nove minuti: un dominio in cui la differenza lha fatta la maggior precisione della russa (20 errori gratuiti contro 31) e la freddezza sulle palle break, con la Halep che ne ha convertita appena una su nove per un pessimo 11%. La Halep (ma è presto per dirlo) rischia di diventare una di quelle giocatrici forti, anche fortissime, che quando arriva il momento della verità si blocca; succede anche ad Agnieszka Radwanska che per quanto talentuosa ha una sola finale Slam a quasi 25 anni, e non è un caso che entrambe paghino contro avversario che picchiano duro e ne hanno di più fisicamente. In più la rumena era arrivata a Melbourne con un malessere recente alle spalle, si era allenata poco ed era possibile che si fermasse prima della finale. Per quanto riguarda la Makarova, il suo percorso è diverso da quello delle altre russe; che esplodono prestissimo e poi si perdono. Maria Sharapova, unica a rimanere al vertice, a 17 anni vinceva Wimbledon ed è la quinta numero 1 più giovane della storia; Svetlana Kuznetsova era in finale al Roland Garros a 21 anni (lo ha poi vinto a 24), Anastasia Myskina a Parigi ha trionfato a 23 anni, Dinara Safina era numero 1 del mondo a 23 anni e così via. Lei, Ekaterina, è entrata nella Top 10 a 26 anni e mezzo e arriva ora alla maturità forse completa del suo gioco; già straordinaria doppista, ora si prende rivincite anche nel singolare. La semifinale sarà un derby russo contro Maria Sharapova: la quale invece ha mantenuto fede al pronostico e dimostrato che sì, può tornare a vincere gli Australian Open (lo ha fatto nel 2008). La sua vittoria contro Eugenie Bouchard, incontro chiuso in 77 minuti con il punteggio di , è stata la quarta in quattro precedenti e ci dice che la canadese deve ancora fare quel salto di qualità che la renda impermeabile alle big mentre Masha può davvero strappare il numero 1 del ranking a Serena Wiliams.
(Claudio Franceschini)