Perdere, salutare e uscire dal campo. Lo abbiamo visto fare tante volte, ma per Flavia Pennetta quella camminata dal campo centrale di Singapore al tunnel degli spogliatoi, alle WTA Finals 2015, ha avuto il sapore speciale e agrodolce dell’addio. La tennista di Brindisi lascia ufficialmente il tennis giocato: lo aveva annunciato a margine del trionfo agli Us Open e, a quanto pare, non ci sono stati ripensamenti. Termina così, con una sconfitta contro Maria Sharapova, una carriera durata quindici anni e mezzo: dal 25 febbraio 2000, curiosamente il giorno del suo diciottesimo compleanno, al 29 ottobre 2015, con in mezzo 11 titoli WTA (e 7 ITF) nel singolare, 17 (e 9) nel doppio.
Ma c’è molto di più nella lunga corsa di Flavia: c’è innanzitutto quel titolo agli Us Open, conquistato a oltre 33 anni quando forse nemmeno lei ci credeva più. Uno Slam inseguito e agognato per 49 volte (tante quante le presenze nei tabelloni principali), a volte avvicinato (sette volte ai quarti di finale) e finalmente stretto tra le braccia in una finale tutta italiana che ha fatto scomodare anche il Presidente del Consiglio e che Flavia ha giocato contro Roberta Vinci, la sua compagna di doppio nel giorno in cui esordiva sul campo, a Galatina dietro casa sua, un’epoca in cui c’era ancora la lira. E poi c’è anche quel record che nessuno le toglierà mai: quello di essere stata la prima italiana a entrare nella Top Ten del ranking WTA, con buona pace di Annalisa Bossi – scomparsa nel febbraio di quest’anno – l’italo-tedesca che nelle prime dieci ci era entrata sì, ma non era WTA e la classifica la stilava una commissione di giornalisti.
Volete altro? La Pennetta è stata anche numero 1 della classifica del doppio, ha vinto gli Australian Open e le WTA Finals in coppia con Gisela Dulko, ha eguagliato Steffi Graf per le vittorie, nello stesso giorno, contro la numero 1 del singolare (Caroline Wozniacki) e del doppio (Liezel Huber). A oltre 30 anni si è presa le soddisfazioni maggiori: gli Us Open come detto, ma anche il titolo a Indian Wells e la prima partecipazione al torneo singolare del Master, oltre al gradino più alto del ranking WTA (numero 6). Certo: non è stata la più grande, e magari non verrà ricordata tra le giocatrici più significative. Del resto oggi pochi ricordano Iva Majoli se non fosse per essere il capitano della Croazia di Fed Cup. Eppure ha vinto il Roland Garros 1997, impedendo a Martina Hingis di completare il Grande Slam di calendario (e quello assoluto, visto che a Parigi non ha più trionfato); ed era una Hingis che dominava il circuito, almeno quanto la Serena Williams di oggi che al posto del suo nome sull’albo d’oro di Flushing Meadows, alla voce 2015, vede comparire quello di Flavia (anche se lei ha perso dalla Vinci, ma tant’è). Forse la massa dimenticherà in fretta questa brindisina dal sorriso sempre presente; tante, troppe giocatrici passano, poche dominano, alcune vincono e molte hanno buoni o ottimi momenti.
Noi di Flavia Pennetta non ci dimenticheremo: vada come vada ha segnato un’epoca nello sport italiano, e quello che ha lasciato nel circuito del tennis femminile resta nelle parole delle colleghe che ne hanno salutato il ritiro. Con un’ultima postilla: Flavia ha deciso di dire stop, ed è giusto che sia la padrona del suo destino. Le petizioni e le richieste per farla giocare alle Olimpiadi di Rio lasciano il tempo che trovano; piuttosto, concentriamoci su come fare perchè un giorno un’altra azzurra possa sollevare al cielo un trofeo dello Slam, e magari anche più di uno.
(Claudio Franceschini)