Alle Olimpiadi di Tokyo 2020 potrebbe esserci anche il karate. Ogni nazione che ospita i Giochi può proporre al Cio l’introduzione di cinque nuovi sport e fra quelli indicati dal Giappone c’è anche il karate. Proposta logica, considerato che il karate come la gran parte delle arti marziali è nato nel Paese del Sol Levante, tanti secoli fa a Okinawa. Sarebbe l’ideale perché darebbe ancora più visibilità a uno sport che forse ha avuto la sua maggiore diffusione in tanti film. Chi non ricorda la serie Karate Kid? In ogni caso, per parlarci di cosa è veramente il karate abbiamo sentito Giuseppe Di Domenico, ex atleta, campione del Mondo nel 2002 e ora maestro e collaboratore dello staff tecnico della Nazionale. Eccolo in questa intervista esclusiva per IlSussidiario.net.
Cosa pensa della proposta giapponese di inserire il karate alle Olimpiadi di Tokyo 2020? E’ una cosa molto positiva, del resto questa proposta era già stata fatta nel 1995, il Karate è uno dei cinque sport più praticati al mondo, anche in Italia due decimi della popolazione lo fanno, in Russia ci sono addirittura sette milioni di praticanti. Gli darà ancora maggior visibilità, aumenterà la sua diffusione.
Una grande popolarità quindi… E’ una disciplina praticata da tutti i ceti sociali, ci sono ovunque strutture adeguate dove farlo. E’ importante come strumento di autodifesa, anche per le donne che si sentono più sicure sia a livello fisico, sia a livello mentale, che è molto importante in qualsiasi situazione.
Cosa significherebbe se veramente il karate entrasse nel programma olimpico? Finalmente si realizzerebbe un sogno, nella nazione di origine del karate che è nato tanti secoli fa ad Okinawa, come dicono le cronache. Si dice che questo sport sia nato anche prima del judo.
C’è una filosofia a cui si ispira questa disciplina? Sì, una filosofia che mette l’autocontrollo mentale e fisico alla base delle regole, naturalmente senza utilizzare armi. Si può toccare il corpo ma non il volto. Se c’è uno scarto di otto punti l’incontro si interrompe col successo del contendente in vantaggio, se no si aspetta la fine dell’incontro.
Giappone nazione guida del karate mondiale? Sì, ma con la Francia, la Spagna e anche l’Italia.
Abbiamo atleti che potrebbero portarci delle medaglie? Direi proprio di sì, ce ne sono diversi. Ricordo il giovane Luca Maresca e Sara Cardin, che tra le donne sta facendo veramente bene.
Lei è stato campione del Mondo, ci può raccontare qualcosa dei suoi successi? Sono stato campione del Mondo, europeo e italiano nel 2002, ho fatto il triplete… Poi nel 2005 ho vinto i Giochi del Mondo, riservati ai migliori atleti del quadriennio, nel 2004 e nel 2006 la Golden League. Quando divenni campione del Mondo rimasi quasi impassibile, solo dopo mi resi conto dell’impresa che avevo fatto!
Come ha cominciato a praticare il karate? A sei anni grazie a mio padre, che era maestro di karate. Poi dal 1998 ho fatto parte del gruppo delle Fiamme Gialle e da lì è iniziata la mia carriera.
Ora è maestro di karate, come cerca di insegnare questo sport e cosa cerca di trasmettere ai suoi allievi? Punto sull’educazione, la disciplina, quel modo di essere che il karate ha nel suo Dna.
Anche lei spera di andare a Tokyo? Certo. Non ho mai realizzato questo sogno da atleta, il karate non era sport olimpico. Se questo avverrà nel 2020, il karate andrà nella sua terra dove è nato. Non potrebbe esserci cosa migliore… Io sono collaboratore dello staff della Nazionale, potrei andare come allenatore. Sarebbe una cosa fantastica. (Franco Vittadini)