? La parola che allenatori e addetti ai lavori hanno sempre una fifa matta di pronunciare (scaramanzia, tanto più da queste parti) ha iniziato a circolare ieri sera, di fronte allennesimo show offensivo dei partenopei. Cinque gol alla Lazio, adesso quattro al Milan e a San Siro; al netto delle difficoltà dei rossoneri, la prova di forza del Napoli è stata disarmante per qualità, mezzi e varietà di soluzioni.



Un Napoli da scudetto? Un passo indietro, perchè al momento la classifica dice che i partenopei sono sesti con 12 punti, sei meno della Fiorentina che sfideranno dopo la sosta potendo accorciare le distanze. Negli anni scorsi però era andata meglio; per esempio nella prima stagione di Rafa Benitez il Napoli aveva 19 punti dopo sette giornate, avendo pareggiato soltanto in casa contro il Sassuolo (e aveva vinto a San Siro). Gli stessi della stagione precedente (ancora con Walter Mazzarri) prima di perdere lo scontro diretto con la Juventus. Non solo: il primo Napoli di Benitez aveva segnato due gol in più di adesso, subendone tre in meno. Lo scorso anno, pur con un inizio difficile, i punti erano 11 e cioè uno meno di adesso. E dunque, perchè tanto entusiasmo? Intanto il trend: due punti nelle prime tre giornate, 10 nelle seguenti quattro con lunico mezzo scivolone a Modena, contro il Carpi (0-0). In questa striscia, inaugurata dal 5-0 alla Lazio, il Napoli ha segnato la bellezza di 11 gol subendone solo uno, quello di Mario Lemina contro la Juventus; poi le avversarie, perchè un conto è fare 4 gol al Livorno e un altro battere in sequenza Lazio, Juventus e Milan segnando – appunto – 11 reti. La squadra, se guardiamo, è molto simile a quella dello scorso anno o forse no? Se è vero che la potenza offensiva rimane la stessa (il Pipita e Insigne, Callejon e Mertens cerano già) è altrettanto vero che la squadra ha acquisito almeno due elementi fondamentali per i suoi destini. Il primo: Allan, che ha reso la mediana più solida con il suo straordinario lavoro di interdizione e soprattutto sa inserirsi in zona gol (già 3 reti in campionato), un giocatore che nellera Benitez mancava e che dunque limitava il gioco alla ricerca degli esterni per luno contro uno o allo sfondamento centrale.



Il secondo giocatore è Jorginho: con Benitez giocava nella cerniera a due davanti alla difesa, poco protetto dai compagni e dunque impossibilitato a sprigionare tempi e qualità di esecuzione. Non è cambiato (solo) lui, è cambiato il sistema che gli permette di esprimersi al meglio. Poi cè Pepe Reina, che dà sicurezza a tutto il reparto; e cè ovviamente Maurizio Sarri. Cè chi aveva criticato la scelta e chi aveva storto ancor più il naso di fronte alle prime partite; la verità è che gli allenatori non vincono i campionati da soli, hanno sempre bisogno di una squadra da allenare. Possono però metterci qualcosa di loro: carattere, voglia di vincere, certamente qualcosa a livello tattico. Lorenzo Insigne aveva chiesto di poter giocare trequartista; Sarri lo ha accontentato, ma poi ha capito che il talento di Frattamaggiore sarebbe stato più devastante partendo largo. Detto fatto, sono arrivati tre gol nelle ultime due partite e unintesa fantastica con Higuain. Oppure, pensate alla coppia Raul Albiol-Koulibaly; tanto timida e impacciata lo scorso anno quanto solida e sicura adesso. O ancora: un Callejon che guarda meno la porta ma risulta più efficace e partecipe della manovra, o Hysaj sbocciato appena messo sulla sua fascia di competenza. Ecco: in questo, Sarri ha mostrato più pragmatismo di Benitez e per ora i risultati parlano a suo favore. Forse questo Napoli aveva solo bisogno di chi lo facesse giocare in un certo modo; di sicuro era da scudetto con Benitez, forse lo era con Mazzarri, di certo lo è oggi. A maggio, come sempre, a influire sulla classifica saranno costanza, rendimento degli avversari e determinazione; troveremo il Napoli davanti a tutti?



(Claudio Franceschini)