Primo posto con 35 punti (+2 sull’Arsenal) dopo 16 giornate. Chi l’avrebbe mai detto? Il Leicester City vola, ed è attualmente il più grande miracolo nel panorama del calcio europeo. Se in altri Paesi dominano i soliti squadroni, in Inghilterra la Premier League è nelle mani di un club la cui città non raggiunge il mezzo milioni di abitanti (contando anche i sobborghi), un club che l’anno scorso era neopromosso e che in Premier League non ci giocava dal 2004; mai un campionato vinto, appena tre Coppe di Lega e un Charity Shield (la Supercoppa) che risale al 1971.



Il Leicester di Claudio Ranieri: un allenatore che, l’ultima volta che si era seduto in panchina, aveva perso tre partite con la Grecia (di cui una contro le Far Oer) venendo esonerato dopo nemmeno quattro mesi. Ma anche un allenatore che ha vinto tanto, e un po’ dappertutto. Dopo il 2-1 al Chelsea il Leicester sogna: si è creata grande empatia con il pubblico del King Power Stadium, tanto che Jamie Vardy ha fatto recapitare una lettera a ogni tifoso dello stadio in cui ringrazia per il supporto. Una grande favola: al di là di come finirà, il Leicester ha già scritto la storia. Come si spiega il primo posto in Premier League?



Un dato spicca su tutti: l’attacco. E’ il migliore del campionato, con 34 gol segnati (due più del Manchester City, cinque dell’Arsenal); Jamie Vardy, 15 reti, ha appena stabilito il record di partite consecutive con almeno una rete (11) strappandolo a un certo Ruud Van Nistelrooy, e a lui si affianca Riyad Mahrez, 11 gol. Se la fase offensiva tiene, il Leicester può davvero sognare il titolo; sembra però una conditio sine qua non, visto che la difesa – che ha incassato 22 reti – è la tredicesima della Premier e non si va molto lontani con numeri simili. Da qui a parlare di opportunità di mercato il passo è breve: c’è chi ha ricordato come Vardy e Mahrez, i due grandi protagonisti della cavalcata, siano costati circa 2 milioni di sterline (totali). Come dire: invece di svenarsi per grandi nomi che rendono poco, forse si poteva cogliere l’occasione e farsi un super attacco con due soldi. Vero, ma soltanto in parte: perchè, ed ecco l’inghippo (o chiamatelo come volete), questo Leicester sembra molto simile a certe squadre “sensazione” degli ultimi anni.



Per esempio l’Athletic Bilbao di Marcelo Bielsa, che incantò l’Europa con i De Marcos e i Susaeta, i Muniain e gli Iturraspe. Allora c’era la fila per acquistarne i gioiellini; tutti o quasi sono rimasti dov’erano, con la sola eccezione di Llorente che era anche il più “datato”, e l’Athletic di oggi è rientrato nei ranghi. O il Valencia di Hector Cuper, che giocò due finali di Champions League: da Mendieta a Gerard passando per Claudio Lopez, lontani dal Mestalla i fenomeni dell’Hombre Vertical non hanno mantenuto lo stesso rendimento. O ancora il Barcellona di Guardiola, con le debite proporzioni: chi saprebbe dire oggi dove sono i Bojan Krkic, i Giovani dos Santos e i Cristian Tello che sembravano lanciati verso grandi carriere? Il Leicester sembra essere una realtà molto simile: Vardy, per dire, ha 28 anni e prima di oggi non aveva mai segnato così tanto. Mahrez (24 anni) giocava nel Le Havre fino a un anno fa, ha fatto i Mondiali ma in campo in Brasile ci è stato appena 71 minuti.

E poi ci sono gli altri: Gokhan Inler che aveva perso il posto a Napoli, Christian Fuchs ormai ventinovenne e mai davvero esploso, Kasper Schmeichel che le orme di papà Peter le ha seguite solo a metà (e forse nemmeno) fino a Robert Huth che ha superato i 30 anni ed è sempre stato un gregario e che Ranieri aveva al Chelsea quasi 15 anni fa. Tutti giocatori che hanno trovato il loro personale paradiso calcistico; dietro il Leicester c’è sicuramente lavoro, dedizione, fatica e la mano di un allenatore che messo nelle giuste condizioni sa fare (bene) il suo. Ma che, forse non tutti lo ricordano, dall’Italia era stato più o meno cacciato con l’etichetta di perdente o qualcosa di simile.

Eravamo folli noi o il Leicester ha avuto fortuna? La verità assoluta non esiste. Come non esiste il calciatore forte o decisivo in assoluto, se non quei tre o quattro che tutti conosciamo: esistono invece contesti più o meno sani, ambienti perfetti per la maturazione dei giocatori e circostanze che si uniscono fino a formare miracoli sportivi. Il Chievo di Gigi Delneri fu questo, la Grecia del 2004 che fornì giocatori a mezza Europa appena dopo aver vinto l’Europeo (e pochi ebbero un rendimento sopra la media, per non dire nessuno) ne è un altro esempio. Se il Leicester vincerà la Premier League saremo tutti contenti: significa che dopotutto i soldi e gli sceicchi non sono tutto. Da qui a dire che i dirigenti di tutto il mondo sono stati ciechi ce ne corre.

(Claudio Franceschini)