Concludiamo la rassegna degli Oscar con il premio alla memoria, per ricordare personaggi o eventi significativi dell’ultimo campionato e più in generale per il calcio italiano. Seguiranno menzioni non necessariamente positive ma portatrici di significati importanti, a livello tecnico o più emotivo.

Dispiace sempre per le squadre che retrocedono. Quando succede alle cosiddette ‘grandi piazze’ però c’è in ballo qualcosa di più, valori  o sentimenti che accomunano una maggiore quantità di persone. Quest’anno è stata la volta del Cagliari, che non è una corazzata storica della Serie A ma ci aveva ormai comprato casa. Era da dieci campionati esatti che la formazione sarda non tornava in Purgatorio, dove potrà certamente lavarsi dalle ultime colpe e ripartire con maggiore serenità, dopo una stagione cominciata sotto buoni auspici e conclusa in un crescendo di contestazioni. Anche il Parma è stato protagonista di una decadenza amara e per certi versi, quelli extra campo, inaccettabile; con il Cagliari però scende in Serie B un’intera regione, la stessa che nel 1970 conobbe addirittura la gioia di uno scudetto il cui ricordo fa coccolato e cresciuto come un figlio unigenito, nella speranze che un giorno non lontano possa arrivare anche un ‘fratellino’. Se l’Oscar alla memoria va al club sardo e a ciò che simboleggia, è inevitabile la menzione parallela per mister Zdenek Zeman. L’ultimo campionato ha rilanciato le domande che da anni pendono sempre più insistenti sul boemo: le sue idee sono ancora sostenibili? Possono coesistere con l’ansia da prestazione caratteristica della Serie A? Conta più la proposta di gioco o il risultato raggiunto? Rispondere è sempre meno facile.



Si accennava al Parma ed è giusto che la società emiliana abbia il suo spazio nell’Oscar alla memoria. La retrocessione gialloblù è stata ‘ibrida’, figlia di diverse concause e per questo più complessa rispetto a quella del Cagliari, che nasce da fattori anzitutto tecnici. E’ pur vero che in termini di classifica il tonfo del Parma è stato più fragoroso: la squadra di Donadoni è passata dal sesto posto del 2014 all’ultimo del 31 maggio 2015. D’altra parte la parabola discendente ha pure una sua logica di campo, perché il puzzle ha perso tanti pezzi: i vari Paletta, Molinaro, Gargano, Marchionni, Parolo, Schelotto ed Amauri non sono stati rimpiazzati adeguatamente. Strada facendo hanno salutato anche Felipe, Acquah e Cassano ma soprattutto la vecchia dirigenza, travolta dai conti in rosso. Di tutto ciò che ha fatto seguito, dalla nebulosa Taçi fino alla meteora Manenti, si sta ancora parlando in altre sedi. Per quanto sia legittimo augurarsi che una storia del genere non si ripeta, vogliamo puntare il ricordo sul miracolo più che sullo scandalo Parma. Una squadra che in pochi anni si è costruita una storia di rilievo nel massimo livello del nostro calcio, conoscendo campioni e frontiere impensabili trent’anni fa. Un grosso exploit spalmato sopra un paio di decenni, che d’altro canto rafforza la tesi secondo cui la retrocessione del Cagliari pesa di più: è vero che un venticinquenne dei giorni nostri ha visto solo una volta il Parma in Serie B (2008-2009), si provi però a chiedere a suo papà Passando ai singoli e ad argomenti più sereni vogliamo ricordare…



…la brigata dei grandi vecchi, scolpiti a suon di prodezze nella nostra memoria calcistica. Luca Toni ha già un Oscar tutto per sé, sarebbe ingiusto non dedicare un pur minimo spazio a chi come lui ha frustato il pallottoliere in barba all’età. A cominciare da Antonio Di Natale, in doppia cifra per la nona stagione consecutiva nonostante l’annata in chiaroscuro dell’Udinese.

A questo giro Totò si è regalato il sorpasso ad un certo Roberto Baggio, 207 gol in A contro i 205 del Divin Codino, ed il sesto posto tra i marcatori all time del massimo campionato; un miracolo anche considerando la militanza ristretta ad Empoli e Udinese, non esattamente due potenze in Serie A. Miroslav Klose ha un anno in meno e qualche trofeo in più rispetto a Di Natale, ma nemmeno il fresco titolo di top bomber dei mondiali ne ha represso la fame di gol e competitività. Che tra le altre cose lo ha appena spinto a firmare il rinnovo con la Lazio per un’altra stagione: nell’ultima è arrivato fino a 13 reti, doppia cifra anche l’anno prossimo? Domanda aperta anche per Massimo Maccarone, miglior marcatore della rivelazione Empoli con i suoi 10 graffi. Perchè il Big Mac va sempre di moda. Meno gol e più gossip, il solito ormai, per Pablo Daniel Osvaldo che ha perso anche il treno interista, per quanto il confine tra sue colpe e cause esterne non sia stato del tutto chiarito. Questa volta l’oriundo è sparito di scena un pò troppo in fretta, probabilmente anche per i suoi gusti: chi scrive è ingenuamente convinto che abbia ancora una parte da recitare nel grande film della Serie A. Da ricordare anche i 7 gol in campionato di Sergio Pellissier, che hanno portato l’attaccante del Chievo a quota 93 tra i marcatori del massimo torneo. L’anno prossimo basterà replicare questo score per toccare quota 100: pazzesco!



Infine altri ricordi agrodolci, che uniscono il rammarico per il dolore di oggi alla speranza di riscatto rivolta al domani. Sono quelli legati a tutti i giocatori gravemente infortunati, in primis Giuseppe Rossi che ha perso l’intera stagione per colpa del ginocchio destro. L’augurio di un suo pronto e definitivo recupero tocca anzitutto la Fiorentina ma anche la Nazionale di Conte, che ha bisogno come il pane del suo Pepito.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           (Carlo Necchi)