Venti, e si conta. Serena Williams non si ferma più: il Roland Garros 2015 è il terzo conquistato dallamericana e il titolo dello Slam numero 20. Adesso, Steffi Graf è soli due Major; adesso, Margaret Court è a +4, e lei potrebbe anche non contare perchè alcuni di questi titoli li ha vinti prima dellera Open. Che parole sono rimaste per commentare il dominio di Serena? Intanto possiamo dire che solo lei, insieme a Court, Graf e Martina Navratilova, ha vinto almeno 3 volte ciascuno dei quattro Slam; e forse è meglio far parlare i numeri nudi e crudi, che spesso e volentieri raccontano in profondità il valore di una giocatrice.



La finale di ieri è un altro emblema della superiorità della Williams: Lucie Safarova, sotto di due break e di un set, sembrava cotta a puntino quando improvvisamente la sua avversaria ha smesso di giocare. In breve tempo si è arrivati a un incredibile terzo set, quando nessuno se lo sarebbe lontanamente immaginato; solo che il terzo set è durato lo spazio di sorprendersi di come la ceca fosse ancora in partita, perchè al battito di ciglia successivo eravamo 6-2 e tutti a casa, con Martina Navratilova a consegnare la coppa a Serena Williams. Fine della storia: Serena resta la più forte. Non importa come giochi nei primi turni, non conta quante palle break conceda (molte più di prima), non è un problema se ha dei passaggi a vuoto; quando decide di accelerare non cè singola giocatrice che la possa battere. Se vogliamo, un altro dato: lultima finale Slam persa risale agli Us Open 2011, quando fu sconfitta a sorpresa da Samantha Stosur. Da allora, sette ne ha giocate e sette ne ha vinte: una sentenza. Chiedersi ora se riuscirà a raggiungere le due là davanti, o se completerà il Grande Slam stagionale, è superfluo: non dipende dalle avversarie, dipende da lei. 

A proposito delle avversarie, possiamo dire questo: il livello del tennis femminile si è in qualche modo elevato. Resta che tutte possono battere tutte dalla seconda posizione a scendere, che si va molto a periodi – anche limitati – che le vere favorite non ci sono; però quantomeno gli incontri possono essere avvincenti e almeno non ci si annoia nel prosieguo dei tornei. Abbiamo così vissuto con piacere la scalata di Ana Ivanovic fino a una semifinale che non conquistava da sette anni, ma poi labbiamo vista buttare al vento un match che aveva in mano; abbiamo assistito allottimo Roland Garros di Lucie Safarova, che in finale ha anche dimostrato come mentalmente stia crescendo; abbiamo intravisto grande potenziale in Elina Svitolina (che lo aveva già mostrato, ma mai negli Slam), Carina Witthoeft (una ’95 che pur fuori al secondo turno ha mostrato grandi colpi e una tempra d’acciaio), Garbine Muguruza lo sapevamo già, è una conferma importante) e perchè no Paula Badosa Gibert, che ha vinto il torneo juniores ma un paio di mesi fa aveva già raggiunto il terzo turno a Miami. E poi abbiamo constatato come Simona Halep debba ancora fare un passo in più per diventare davvero grande e costante come vorrebbe, come Maria Sharapova abbia bisogno di essere al 100% per fare la differenza, come rientrare per Victoria Azarenka non sarà facile e come Petra Kvitova abbia il talento per vincere tutto ma non riesca a stare “sul pezzo” per un anno intero. Insomma: il tennis in gonnella è in crescita, non cè alcun dubbio. Non così quello italiano: è vero, Sara Errani è arrivata ai quarti di finale, ma ha avuto un tabellone tutto sommato semplice e alla Williams ha fatto appena il solletico. Le altre sono rimaste incartate nei primi turni, su una superficie che in teoria dovrebbe dirci bene. Wimbledon potrebbe essere loccasione per Roberta Vinci e Flavia Pennetta, ma anche per Camila Giorgi; bisognerà rimboccarsi le maniche, perchè nessuno concede niente. Men che meno Serena Williams: lei sullerba di Londra sarà più affamata che mai. 

(Claudio Franceschini)