Anche nel 2016 è stato il punto di riferimento del ciclismo italiano. Tutti abbiamo ancora negli occhi le sue gesta al Giro d’Italia e alle Olimpiadi, due avventure che hanno avuto svolgimenti molto diversi. Al Giro infatti a tre tappe dalla fine sembrava impossibile pensare a un trionfo dello Squalo, invece negli ultimi tapponi alpini Nibali ha realizzato un’impresa che ricorderemo a lungo, conquistando la maglia rosa per la seconda volta in carriera. Nella corsa in linea olimpica a Rio invece tutto è stato perfetto fino a circa 10 km dall’arrivo: lo splendido lavoro di tutta la Nazionale, l’attacco di Nibali, un oro che sembrava ormai vicinissimo fino alla rovinosa caduta che ha messo fine al sogno. Adesso però si volta pagina: a fine stagione infatti Vincenzo darà l’addio all’Astana con la quale ha corso nelle ultime quattro stagioni vincendo due Giri e il Tour de France 2014 per diventare l’anima della nuova Bahrain-Merida, un progetto nel quale il siciliano crede molto. Alla vigilia del Giro di Lombardia, che Vincenzo vinse l’anno scorso dimostrando di essere l’uomo più forte nelle classiche fra gli specialisti dei grandi giri, abbiamo parlato con lo Squalo: un bilancio del passato con un occhio al futuro, suo ma pure di tutto il ciclismo italiano che dall’anno prossimo non avrà squadre nel World Tour. Ecco dunque cosa ci ha raccontato Vincenzo Nibali in questa intervista esclusiva per IlSussidiario.net.



Che bilancio traccia della sua esperienza alla Astana? Senz’altro positivo. Le vittorie nei Grandi Giri e in altre gare di un giorno dimostrano che abbiamo lavorato bene insieme.

Nel 2016 ci ha regalato un Giro emozionante: cosa non stava funzionando fino a pochi giorni dalla fine? Niente di particolare. In una gara di tre settimane può capitare di avere un paio di giornate no. Sapevo di essere preparato per fare bene e alla fine così è stato.



Poi il gran finale, l’impresa forse più bella della sua carriera viste le premesse. Come ricorda quei giorni? Il cuore oltre l’ostacolo. Ho capito che ero in grado di recuperare terreno e, come ho detto, ero preparato per farlo. Il carattere, la passione mi hanno dato quel pizzico in più per dare il massimo.

Come è stato per un grande campione come lei correre il Tour da gregario? “Gregario” mi sembra riduttivo. Come ho detto più volte, sono andato al Tour per preparare al meglio le Olimpiadi e per aiutare, anche in termini di esperienza, Fabio Aru al suo esordio.

Olimpiadi, ricordo dolce amaro: una corsa bellissima di tutta la squadra fino a quella curva maledetta. Cosa le viene in mente ripensando a Rio? E’ stata una delusione, ma il ciclismo e lo sport in generale sono così. Prendere o lasciare.



Futuro alla Bahrain-Merida: cosa si aspetta da questa nuova avventura? Il meglio possibile…

Un progetto nel quale lei è una figura centrale, come lo sta vivendo? Bene. E’ una nuova avventura e sono molto motivato nell’intraprenderla.

Dal 2017 l’Italia non avrà nemmeno una squadra World Tour: perché secondo lei? Giocano tanti fattori, primi tra tutti la nostra non brillante situazione economica e, dal lato opposto, i costi elevati che si devono affrontare per allestire un team World Tour.

Lei crebbe nella Liquigas, adesso si deve andare inevitabilmente all’estero: un problema o un’opportunità per i nostri giovani? Direi un’opportunità. Il mondo, anche quello dello sport, è globalizzato e quindi non deve stupire che le squadre siano così internazionali.

Quali saranno i suoi obiettivi per la prossima stagione? E’ presto per dirlo, dovremo discuterne più avanti. In generale, per la prima parte della stagione, mi piacerebbe ritornare al Giro e fare alcune classiche.

Cosa si aspetta dal Giro numero 100? Sono curioso di vedere il percorso, poi potrò esprimermi.

La doppietta Giro-Tour nel ciclismo di oggi è davvero impossibile? Non so se sia impossibile, certamente non è affatto semplice.

Come giudica Fabio Aru, sia come corridore sia fuori gara? E’ un grande atleta e un bravo ragazzo con cui spesso mi alleno. Diventerà sempre di più un protagonista della scena internazionale, ha tutte le doti per farlo.

Chi è stato il suo rivale più forte in assoluto? Ce ne sono stati e ce ne sono tanti. Penso a Froome, a Contador e Quintana, ma stanno arrivando giovani molto interessanti come lo stesso Fabio e, un nome su tutti, Esteban Chaves.

C’è invece un campione del passato che l’ha ispirata? Amo tutto il ciclismo e molti campioni mi hanno regalato grandi emozioni. Certo quelli in grado di vincere le grandi corse a tappe mi ispirano di più.

Un salto nel passato: il Tour 2014 cosa è stato per lei? E’ la corsa più importante del mondo e per me è stata una sorta di consacrazione. La popolarità che ti dà la vittoria al Tour non ha confronti con le altre gare. A livello più personale, è stato il coronamento di un sogno iniziato fin da piccolino.

Siamo vicini al Giro di Lombardia: il suo ricordo del grande successo 2015? L’entusiasmo della gente sul traguardo di Como. Ho ancora i brividi. (Mauro Mantegazza)