Nel giorno del 49esimo compleanno di Roberto Baggio ha voluto dire la sua su uno dei numeri 10 più grandi nella storia del calcio italiano colui che l’ha allenato per ultimo, Carletto Mazzone. Intervistato dal blog “Giovaninrete”, il tecnico che ha avuto il Divin Codino alle sue dipendenze a Brescia ha dichiarato:”Baggio è sempre lì nel mio cuore – ricorda l’ex allenatore – lo ricordo con affetto. Era un campione dentro e fuori dal campo, ragazzo favoloso. Non ha mai fatto pesare il giudizio della stampa su di lui. Non ha avuto nessuna difficoltà a giocare in quella squadra. Ha insegnato molto ai suoi compagni: prima da uomo, poi da calciatore. Purtroppo ha avuto difficoltà nella sua carriera, ma lui ha sempre seguito i consigli dei medici e dei preparatori“. Obbligatoria la domanda sul confronto tra Baggio e Totti, visto che Mazzone è stato tra i pochi privilegiati a poter allenare entrambi, eppure Carletto si smarca a modo suo:”Se li avessi avuti insieme forse mi sarebbero caduti meno capelli“.



Roberto Baggio compie oggi, 18 febbraio 2016, 49 anni e non può non essere una data come tutte le altre per il mondo del calcio. Non può esserlo perché il “Divin Codino” ha lasciato il suo segno indelebile sul rettangolo di gioco e non. Campione mite, silenzioso, mai sopra le righe, capace di essere amato da tutte le tifoserie delle squadre in cui ha militato, ma più che altro di non essere odiato da nessuna. Si parte dalla Lane Rossi Vicenza, si passa per Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna e Inter, fino a Brescia, dove Roby diventa il simbolo di un calcio che non c’è più e che ci manca tanto. Il suo codino è quindi un po’ di tutti: di chi ha potuto tifarlo con la maglia della propria squadra; di chi aspettava i Mondiali di calcio per vederlo indossare quella della Nazionale; ma anche di chi con l’Italia ha poco a che vedere e ha goduto di un patrimonio mondiale dell’umanità, un po’ come noi guardiamo oggi a Messi (di extraterrestre si tratta, e che la Natura ce lo faccia godere ancora a lungo). Baggio dunque, campione vero e umano, al netto dei successi e degli errori dal dischetto (come dimenticare quello nella finale del 1994 col Brasile?), di un Pallone d’Oro del 1993 che per anni è sembrato irraggiungibile per un altro italiano (c’è voluto un super Cannavaro nel 2006 per riappropriarcene) e di mille infortuni sempre più gravi, che mai hanno spezzato la voglia di giocare a pallone del numero 10 più forte d’Italia. E quella maglia azzurra poi, seconda pelle mai veramente tolta, è un po’ il simbolo di Roberto: il Paese intero appeso a lui e al suo talento, come quando con la Nigeria ci salvò durante un’estate torrida, come quando con la Spagna ci disse addio in un amichevole che ci ricordò che eravamo diventati tutti un po’ più vecchi. E via coi tormentoni, Baggio sì, Baggio no: chiedere a Sacchi per capire. Ma fa di certo uno strano effetto pensare che Baggio abbia compiuto oggi 49 anni, a noi piace immaginarlo immutato in tutta la sua eleganza calcistica: in ogni caso auguri, ma alzi la mano chi non pagherebbe per tornare indietro.

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