È un allenatore esperto e navigato. Da ormai 16 anni il ‘Mancio’ siede stabilmente nel club elitario che ospita i migliori tecnici d’Europa. Tanti trofei accumulati, un immagine carismatica: ma il passato non può più bastare come biglietto di garanzia perché il presente ha cambiato tutte le carte in tavola. Nelle ultime settimane la corazza regale di Mancini si è dapprima macchiata e ammaccata poi è caduta, lasciando un allenatore vincente e stimato nelle vesti di un normale tecnico di provincia. Le polemiche con Maurizio Sarri e gli scatti d’ira avuti durante e dopo il derby perso miseramente contro il Milan sono soltanto gli effetti finali di un processo che Mancini non è più riuscito a controllare. La troppa tensione accumulata dall’inizio della stagione è eruttata nella folle notte del San Paolo ed è esplosa definitivamente domenica sera. Da dove nasce la tensione di cui abbiamo parlato? Dall’operato di una buona parte degli addetti ai lavori che, con tesi in gran parte semplicistiche, astratte e populiste, alimentano a dismisura le attese di una tifoseria. Il ‘sogno Scudetto‘ per essere in testa dopo quattro giornate o l’essere considerata squadra ‘regina del calciomercato‘ per aver effettuato una quantità industriale di colpi inutili sono soltanto due esempi di illusioni create ad hoc e vendute – anzi regalate – ai supporters. Ma quando tali attestati devono scontrarsi con la realtà dei fatti non reggono di fronte alla prova del nove: in questi casi l’ira dei tifosi si riversa sulla squadra quindi sull’allenatore, considerato da sempre il parafulmine di ogni male.



Questo è ciò che è successo all’Inter dapprima esaltata fin troppo per gli arrivi in massa dei vari Kondogbia, Jovetic, Perisic e Montoya poi criticata per lo scarso rendimento degli stessi giocatori acquistati a peso d’oro. Questo è ciò che è successo all’Inter dapprima considerata la favorita per il titolo e oggi tartassata oltre ogni limite e giudicata incapace persino di arrivare al terzo posto. Lo sbalzo di temperatura ha influenzato Mancini che ha trasmesso tutto il proprio nervosismo ad una squadra ancora da plasmare causandone una sorta di ‘blocco dello sviluppo’. E infatti, invece di migliorare progressivamente, l’Inter è peggiorata partita dopo partita. Più degli errori tecnici, che certamente ci sono stati, hanno pesato maggiormente quelli extra-calcistici precedentemente descritti: gli stessi che hanno spinto l’allenatore interista ad inscenare la lunga diatriba con il collega Sarri, a fare gestacci verso il pubblico di San Siro e ad agitarsi nelle interviste post partita.



Dulcis in fundo, no: Sarri non è ‘omofobo‘ né tantomeno ‘razzista‘ così come Mancini non è un pazzo scatenato. I due allenatori citati, nonostante siano stati protagonisti in negativo di due episodi censurabili, hanno semplicemente dato sfogo in modo inopportuno alle proprie tensioni. Il primo appellandosi al collega con epiteti da bollino rosso; il secondo mostrando il terzo dito ad alcuni tifosi rossoneri e ribollendo di rabbia negli studi di Premium Sport. Entrambi pagheranno sportivamente ma non meritano di essere giudicati anche eticamente. Già, perché i loro gesti non racchiudono un senso logico ma solo tanta frustrazione scaricata erronamente.



Sia Mancini che Sarri sono rimasti vittime di un meccanismo psicologico comune a tutti gli uomini e hanno reagito come avrebbero fatto miliardi di altre persone. Vero: Mancini e Sarri sono allenatori di due squadre rinomate in tutto il mondo, hanno un ottimo stipendio e vivono perennemente sotto la luce dei riflettori. Ma di fronte alle emozioni tutti gli uomini sono uguali. Rassegnamoci senza essere ipocriti.

(Federico Giuliani – Twitter @Fede0fede)