Che l’intervista rilasciata da Danilo Di Luca a Le Iene Show sulla stretta correlazione tra doping e ciclismo fosse destinata a sollevare un polverone era scontato. Dopo le parole rilasciate al programma di Italia Uno dal “killer di Spoltore”, che ha ammesso di non essersi affatto pentito di essersi dopato durante la sua carriera dal momento che nel mondo del ciclismo questa è una pratica consolidata, a confermare il fatto che il fenomeno del doping sia altamente diffuso è stato Graziano Gasparre, ex corridore e promessa del movimento ciclistico italiano. La storia di Gasparre è nota a tutti gli appassioni dello sport a due ruote: un inizio di carriera brillante tra i dilettanti, il passaggio tra i professionisti con la maglia della Mapei nel 2001 e poi il trasferimento nel 2003 alla De Nardi-Colpack dove raccoglie un 15esimo posto alla Milano-Sanremo e un piazzamento in settima posizione in una tappa del Giro d’Italia. Non un campione insomma, ma un “onesto” corridore, che per non essere risucchiato dal plotone ha bisogno di riempirsi di ormoni ed Epo, ma anche di droghe vere e proprie. Poi nel 2005 arriva una caduta e con il tendine del ginocchio destro si infrange anche il sogno di primeggiare come da juniores; una benedizione forse, proseguire senza eccellere per altri 4 anni (con la maglia della Amore & Vita), ma senza intossicare un corpo che di sostanze esterne non ne può proprio più. La prova arriva nel 2013 quando Gasparre, come raccontato a “Il Fatto Quotidiano”, scopre da un innocuo dolore alla natica sinistra (quella delle iniezioni) che dentro di sé si sta sviluppando un tumore al gluteo. Il destino vuole che la formazione venga rimossa chirurgicamente con successo dal professor Cesare Ghinelli, che sulla relazione tra doping e tumore non si tira indietro:”E’ possibile che l’azione meccanica ripetuta delle iniezioni intramuscolari, nonché le sostanze presenti nei farmaci iniettati (ad esempio sostanze oleose a lento riassorbimento, come il Testovis) abbiano stimolato il derma e causato la nascita di questa formazione“. Gasparre però, a differenza di Di Luca dall’esperienza che ha vissuto trae un insegnamento e decide di parlare, di mettere da parte il velo di ipocrisia che avvolge il ciclismo. Lo fa per salvare più persone possibile, lo fa spiegando come ci si dopa, a che prezzo, in che modi, e in che termini il doping incide sull’esito di una corsa. Lo fa, insomma, senza paura di fare “vittime illustri” e ad una settimana dal via del Giro d’Italia fa una stima:”Il 70/80% dei corridori è dopato, per il resto chi non è ‘pieno’ si ritira“.



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