Il 28 maggio si è giocata una partita importante, ma non mi riferisco a quella tra Real Madrid e Atletico Madrid, anche se la finale di Champions League è stata in qualche modo il fattore scatenante di ciò che mi accingo a raccontare. Faccio qualche passo indietro per spiegarmi meglio.
Poche persone possono immaginare quante persone ci vogliono e che livello di preparazione è necessaria per organizzare una finale di Champions in diretta mondiale. Per dare qualche numero basti pensare che sono state decine di migliaia gli stranieri venuti a Milano per assistere alla finale e ben 1500 di questi hanno cenato nei numerosi stand-ristoranti costruiti per l’occasione all’interno dell’ippodromo, accanto a San Siro.
Questo evento gigantesco per numeri e portata audiovisiva non sarebbe certamente potuto avvenire senza il lavoro di migliaia di giovani. Io sono stato uno di questi e mi sento in dovere di rendere conto dell’affermazione iniziale, cioè che la vera partita si è giocata fuori dallo stadio. Mentre i vari vip e le autorità cenavano, da segnalare a proposito la sfarzosità del tavolo regale con il re di Spagna e Platini con menù a base di pesce, i ragazzi lavorano silenziosamente ma con fare allegro.
Queste migliaia di ragazzi non si sono fatti avanti per lavorare con il solo scopo di guadagnare qualche centone di euro facendo turni da 12 ore al giorno, ma per una ragione più grande, per un ideale. Potremmo dire che l’hanno fatto per “partecipare a qualcosa di grande”. Per dare il loro contributo a un evento che giudicano storico, perché per una sera tutto il mondo guarda a quel campo d calcio, a un evento che rappresenta un esempio della cultura europea.
Volevano mettere il proprio tassello dentro un mosaico più grande. È stato senza dubbio spettacolare il goal finale di Cristiano Ronaldo che ha permesso al Real di vincere l’agognato trofeo, ma non meno incredibile è stato assistere all’appassionato lavoro di tanti giovani come me che, pur provenendo da paesi diversi, hanno lavorato fino alle 5 del mattino per smantellare i saloni, le zone bar e le salette vip.
Si sono visti giovani cantare e scherzare, anche se alcuni erano tedeschi, altri spagnoli e altri ancora italiani. In una lingua che non era l’inglese ma un connubio di gesti e inviti scherzosi a lavorare e a curare ogni particolare. Riflettano bene allora i vari potenti dell’Europa sul fatto che nel momento in cui decidono di mettere in campo qualcosa di grande, i giovani risponderanno e lo faranno senza pretese o misure ma mettendo in gioco tutto se stessi perché al di là di ogni crisi, scandalo o altro problema desiderano costruire qualcosa di bello e grande, per tutti.
E in fondo non importa che sia un grande match sportivo o un inizio di intendere l’Europa e la politica in maniera diversa, l’importante è dare il primo calcio al pallone e iniziare a costruire una buona azione; tutti i grandi goal, si sa, sono partiti da questo.