Ha dovuto superare diversi ostacoli Fabio Pisacane prima di realizzare il sogno di debuttare in Serie A, ma il difensore ce l’ha fatta con il Cagliari. Cresciuto nel settore giovanile del Genoa, con cui ha debuttato in Serie B, il calciatore napoletano si è dovuto fermare quando ha scoperto di essere affetto dalla sindrome di Guillain-Barré. Questa malattia rara lo ha portato prima alla paralisi e poi al coma, ma Fabio Pisacane si è ripreso e ha ricominciato la gavetta. Il Chievo si è accorto di lui e lo ha acquistato in comproprietà con il Lumezzane, a cui lo lascia in prestito. Qui ha ricevuto una proposta di combine, che ha respinto e denunciato. Il difensore ha trovato il sostegno della Ternana, che lo acquistò, poi nel 2013 un altro momento chiave: lo acquista l’Avellino, dove trova Massimo Rastelli. Il mister stravede per lui e, infatti, quando è stato scelto per allenare il Cagliari ha portato Pisacane con sé in Sardegna. Insieme hanno festeggiato la promozione in Serie A. «Ho ripensato, in questi mesi, a tutto quello che ho vissuto e quello che ho dovuto passare per arrivare fin qui. Scusate, non ce la faccio, ha dichiarato Pisacane ieri nel post-partita.



Il sogno è diventato realtà per Fabio Pisacane, che ha esordito in Serie A contro l’Atalanta. Il difensore del Cagliari non dimenticherà mai il suo debutto nella massima serie, considerando soprattutto le disavventure che ha affrontato. Al 30enne era stata diagnosticata la sindrome di Guillain-Barrè, da cui è guarito definitivamente. Ma Fabio Pisacane non ha dovuto combattere solo con questa malattia: nel 2011 ha, infatti, ricevuto una proposta di combine da Giorgio Buffone, all’epoca direttore sportivo del Ravenna. Allora il difensore – il cui contratto era in comproprietà tra Chievo e Lumezzane – percepiva 100 mila euro circa all’anno: gli furono offerti 50 mila euro per alterare il risultato di una partita. Pisacane rifiutò la proposta e nel 2012 fu premiato per questo gesto dalla FIFA, che lo ha nominato ambasciatore nel mondo per il calcio pulito assieme a Simone Farina, un altro calciatore che denunciò una tentata combine.



Sindrome di Guillain-Barrè: di questo ha sofferto Fabio Pisacane, il giocatore del Cagliari che ieri ha fatto il suo esordio in Serie A a 30 anni dopo una vita di gavetta, le grandi speranze giovanili e poi lincubo della paralisi, proprio per quella terribile malattia. Gli inizi tra i Quartieri Spagnoli di Napoli, poi la chiamata del grande Claude Onofri e il sogno nel 2000 che si alza in volo: nazionale e Serie A, per il terzino ora fedelissimo di Rastelli davvero sembra partire un lungo treno verso il successo ma «Una mattina mi svegliai paralizzato dalla testa ai piedi” – racconta Pisacane ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Mi fu chiara la gravità della situazione solo quando mi ritrovai in un letto di ospedale. La diagnosi fu terribile: sindrome di Guillain-Barré. Dalla speranza di realizzare il sogno che avevo fin da bambino mi trovai ad affrontare la partita più difficile. In quel momento non pensavo al fatto che forse non avrei più giocato a calcio. Tutti i miei sforzi, le mie speranze erano indirizzate a combattere per un bene più prezioso, la vita. La lotta, gli specialisti, lo zero per centro di possibilità di guarire e poi, probabilmente, un miracolo che in qualche modo fa ripartire quella carriera e vita quasi spezzata. Non solo si muove ma riparte da zero, conquista la fiducia di Rastelli ad Avellino e poi se lo porta insieme a Cagliari dove la cavalcata verso la A viene vissuta da protagonista. E ieri, ben 16 anni dopo il primo sogno, riaccade e questa volta è reale: «Scusate non ce la faccio e scoppia a piangere ieri davanti ai microfoni di Sky. «Nell’ultima settimana cercavo di non pensare, ma durante la notte la testa mi portava indietro nel tempo di 10-11 anni. Scene un po’ particolari. Un carico di emozioni che per fortuna sono riuscito a gestire. Era una partita che sognavo da tempo, ho mangiato tanta polvere, ma ce l’ho fatta. Adesso l’importante è mantenere i piedi per terra anche a trent’anni e continuare a lavorare come ho fatto fino ad oggi. Una storia di sport ma prima ancora una storia di vita umana a 360. 

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