Alle Olimpiadi di Rio 2016 Niccolò Campriani ci ha entusiasmato ed emozionato conquistando ben due medaglie d’oro nel tiro a segno, prima nella carabina 10 metri aria compressa e poi nella 50 metri aria compressa. E’ stato anzi l’atleta più vincente a Rio per lo sport azzurro. Già a Londra aveva conquistato un argento e un oro e quindi entra senza dubbio nella galleria dei campioni più rappresentativi dello sport italiano di tutti i tempi. Un campione di uno sport che però attira l’attenzione solo in occasione dei Giochi, facendo accendere i riflettori su un’Italia di cui andare orgogliosi e non solo nello sport, fatto di ragazzi come Niccolò che sanno unire lo sport ai massimi livelli e una laurea in ingegneria, anche se per farcela ha dovuto trasferirsi in America. Non è passato molto tempo da Rio e abbiamo voluto sentirlo per farci raccontare proprio da lui sensazioni, futuri programmi e altro ancora: eccovi dunque Niccolò Campriani in questa intervista esclusiva per IlSussidiario.net.



Campriani, cosa è stata Rio 2016 per lei? Un’esperienza bellissima. A Rio come a Londra dove avevo già ottenuto grandi risultati, ma anche Pechino dove invece non era stato così. Vivere il villaggio olimpico, il fatto stesso di essere alle Olimpiadi è già una cosa bellissima.

Due medaglie d’oro, quale è stata la più importante? Sicuramente la prima. Nella carabina 10 metri aria compressa ho ottenuto non solo la medaglia d’oro ma anche un punteggio di grande rilievo. La seconda invece, nella carabina 50 metri tre posizioni, devo ammettere che è stata rocambolesca: ho vinto l’oro ma non ho fornito una prestazione così bella.



Ha colpito tutti il suo fairplay dopo il secondo oro… Forse tutto questo può colpire chi non è abituato a vivere l’ambiente dei tiratori, dove non girano tanti soldi ma c’è grande fairplay.

Qual è stato il segreto dei suoi successi? Penso che, rispetto al quadriennio precedente nel quale avevo già fatto molto bene prima di arrivare a Londra, a Rio è stata fondamentale la mia capacità di affrontare al meglio le gare olimpiche nonostante non avessi fatto così bene nei quattro anni precedenti.

Anche a causa di un cambio di regolamento che non le era piaciuto… Sì, dopo Londra 2012 si è deciso che i punteggi ottenuti in qualificazione non valessero più per le finali. Un regolamento voluto per complicare la vita ai tiratori più forti e che mi aveva spesso penalizzato in questi anni, ma sono riuscito a fare bene lo stesso. Anzi, la novità mi ha favorito nella gara della carabina 50 metri tre posizioni.



E’ stato l’atleta azzurro con più vittorie a Rio, che impressione le fa? Sono contento di questo, ma sono contento soprattutto per il fatto che il movimento dei tiratori abbia fatto bene e sia stato valorizzato come merita.

Tiro a segno e tiro a volo infatti ci hanno dato grandi soddisfazioni… Proprio così, siamo ai vertici e abbiamo fatto meglio anche della Cina, che ha preso solo una medaglia d’oro ma che nel quadriennio preolimpico aveva dimostrato di avere potenzialità maggiori.

Un successo italiano in tutto, anche la carabina di produzione italiana: che valore ha? Questa è una cosa molto bella. Ho disegnato la mia carabina per Rio negli ultimi tre anni con la ditta Pardini, di soli 14 dipendenti.

Come giudica la sua carriera? Si potrebbe dire bene, se si guardano le medaglie che ho conquistato alle Olimpiadi. Io però voglio sempre guardare al di là dei risultati dei Giochi. Posso dire di avere avuto nel corso degli anni quella crescita che mi ha portato a questi traguardi.

Come si prepara per le gare in uno sport così delicato? Da una parte c’è la preparazione al poligono più strettamente incentrata sul tiro, dall’altra quella psicologica, anche questa molto importante. Si lavora su tante cose per rendere sempre efficace il rendimento di un tiratore.

Come si uniscono sport e studi ad alto livello? Sono andato in America e anche attraverso l’ausilio del college, di un professore e di un allenatore ideale, come succede nelle strutture scolastiche negli Stati Uniti, ho potuto unire le due cose. E’ importante anche questo aspetto, aver conseguito la laurea in ingegneria unendo gli studi alla carriera sportiva.

Quali sono i suoi programmi per il futuro? Non lo, vedremo fra qualche mese se proseguire e puntare ancora a grandi traguardi.

Magari essere portabandiera dell’Italia a Tokyo? Sarebbe una grande cosa e un grande onore ma non limito la mia attività al puntare solo alle medaglie sportive. Anche per questo sono contento della mia laurea in ingegneria.

Cosa consiglia a un ragazzo che voglia iniziare a praticare il tiro? Può andare in un qualsiasi poligono e iniziare così. A Milano ad esempio c’è n’è uno in Viale Certosa, molto bello. Penso proprio che un ragazzo che sia abituato a divertirsi sui videogiochi non possa aver paura di prendere in mano una pistola e sparare. Anzi, le misure di sicurezza danno le massime garanzie in tal senso.

Quali sono i suoi hobby, le sue passioni fuori dal tiro a segno? A parte l’ingegneria che è più di una passione, mi piace leggere e mi piace stare all’aria aperta in Alto Adige dove vivo. Ad esempio vado in mountain bike.

Le piace il fatto di essersi trovato al centro dell’attenzione dopo i due ori di Rio? In realtà alla fine sono stato contento perché tante persone mi hanno detto grazie per quello che ho fatto. Una cosa molto bella, molto gratificante. (Franco Vittadini – Mauro Mantegazza)