Viene annoverato tra i più grandi allenatore della storia della volley mondiale: Julio Velasco, attuale allenatore della nazionale argentina, ha raccolto vittorie, success e titoli, oltre aver creato una filosofia in questo sport. Idee, schemi di gioco e una rivoluzione  continua nella pallavolo, i cui effetti si vedono indelebili ancora oggi. Nato a La Plata dopo la carriera di giocatore ha iniziato ad allenare in Argentina, per poi trasferirsi in Europa: in Italia con Modena prima e le due nazionali poi ha conquistato due Mondiali, tre Europei, un argento alle Olimpiadi di Atlanta ’96. Tanti club, tante nazionali allenate, la Spagna, l’esperienza positiva in Iran e ora l’Argentina. Un allenatore vincente ma anche un personaggio che ha lasciato e lasciar ancora la sua impronta nel mondo dello sport. Abbiamo parlato con Julio Velasco di pallavolo naturalmente, ma non solo: eccolo in questa intervista esclusiva a noi de IlSussidiario.net.



Come giudica il momento della pallavolo italiana? Il movimento della pallavolo italiano maschile e femminile di vertice sta andando molto bene da tempo. E’ al primo livello sia a livello di nazionale che di club. Malgrado la crisi ci sono dei validi sponsor, una grande organizzazione, una Federazione e una Lega che funzionano. Dove invece ci sono problemi è per le piccole società.?Hanno sempre più difficoltà a trovare risorse e hanno troppe spesse. Ci sono società che chiudono o che si ridimensionano per questo motivo.



Quale squadra pensa possa vincere lo scudetto in campo maschile e femminile? In campo maschile c’è molto equilibrio tra le migliori squadre del campionato. Ci sono quattro formazioni in grado di vincere lo scudetto e sono Civitanova, Modena, Perugia, Trento. Per quanto riguarda il campionato femminile non sono così informato.

Cosa ne pensa della sconfitta a Rio col Brasile? Credo che se si raggiunge una finale olimpica si è vertici della pallavolo mondiale. L’Italia ha sempre fatto bene nelle competizioni mondiali mantenendosi in zona medaglia.

L’Italia però aveva battuto il Brasile nel girone eliminatorio, può esserci stato una caduta mentale a provocare questa sconfitta? Non credo. Come ho detto prima raggiungere una finale è sempre un grande risultato. E poi l’Italia aveva di fronte il Brasile!



La sua Argentina invece dove potrà arrivare, qualche rimpianto per la sconfitta a Rio col Brasile? L’obiettivo dell’Argentina è quello di rimanere stabilmente tra le prime otto squadre migliori del mondo. Qualche volta abbiamo battuto alcune di queste squadre. Nessun rimpianto invece per la partita persa col Brasile. Noi siamo stati una sorpresa e avevamo vinto il nostro girone, il Brasile era arrivato quarto nel suo. Poi per la legge degli incroci ci siamo incontrati e abbiamo perso.

Su cosa sta lavorando per portare ai massimi livelli mondiali l’Argentina? Argentina non è ne sarà una squadra fisica, non abbiamo molti giocatori alti e potenti, quindi dobbiamo essere molto bravi dal punto di vista tecnico e tattico. Abbiamo giocatori bravi e motivati. C’è la soddisfazione di poter allenare per la prima volta nella mia carriera di allenatore la nazionale del mio paese. Magari con qualche problema, quello di dover vivere sei mesi in Argentina e sei mesi in Italia quando è inverno. Del resto le mie figlie, i miei nipoti vivono in Italia!.

Ci può raccontare qualcosa della sua esperienza in Iran anche questa vincente?  E’ stata una bella esperienza lavorare in una nazione come l’Iran con una grande cultura, il paese dell’antica Persia. Non sta poi a me dire se i risultati dell’Iran sono ancora importanti per merito mio.

Ci può raccontare anche i segreti di questa nazione a noi molto sconosciuta? Credo proprio che non sia possibile in un’intervista, del resto come si farebbe a spiegare come sono, per esempio, gli italiani in poche righe?

Come vede il momento della pallavolo mondiale? Credo bisogna lavorare su due fronti contemporaneamente. Il primo è quello di continuare a migliorare i grandi eventi: la qualità, la quantità di pubblico e la televizzazione. Poi, però, bisogna lavorare per rendere sempre più popolare la pallavolo. 

In che modo? Il calcio è sempre stato popolare perchè tutti i maschi hanno giocato a calcio. Non importa se bene o così, così, pero hanno giocato. Per questo è così popolare. Per questo dopo si crea il fenomeno della Champions League. Bisogna che ci sia una grande pratica della pallavolo a livello mondiale. La pallavolo ha in vantaggio su altri sport che è il primo praticato tra le donne. A livello giovanile è molto praticato. Bisognerebbe che continuasse a essere così anche tra le mamme, anche in età più avanzata. Bisogna che la pratica della pallavolo sia sempre più grande.

Julio Velasco e “La generazione dei fenomeni”: qualcosa che è rimasto nel cuore di tutti gli appassionati di pallavolo. Quando si parla de “La generazione dei fenomeni”, si parla di giocatori molto forti, che io ho allenato. Bisogna fare però una precisazione questi giocatori avevano il merito di allenarsi moltissimo, di acquisire delle idee, di avere voglia di andare oltre i limiti, di imparare sempre.  Parlare di fenomeni da un’idea sbagliata. Come se in realtà non ci fosse un granché d’imparare perché quello che hanno fatto è stato perché erano fenomeni.

Julio Velasco ha avuto anche l’idea della nascita del “Club Italia”. Da lì vennero fuori alcune campionesse del Mondiale 2002. In realtà non fui io il primo a portare avanti l’idea del “Club Italia”. Fu Marco Aurelio Motta, allenatore brasiliano della Nazionale Italiana femminile degli anni 90. Una cosa alla fine molto buona, molto positiva per tutto il movimento femminile del volley.

Cosa pensa della débâcle azzurra a Rio? I risultati negativo in un torneo è una cosa che può capitare però nulla toglie al buon momento di tutto il movimento della pallavolo femminile italiana.

Come ha iniziato a amare la pallavolo? Giocavo a calcio come tutti, facevo tanti sport. Iniziai a giocare a pallavolo, nella squadra di La Plata, la mia città. Avevo quindici anni. Un giorno d’estate arrivò un allenatore e chiese a gran voce chi voleva ad imparare a giocare a pallavolo. Da quel giorno ho dedicato gran parte della mia vita a questo sport.

Poi venne la sua carriera di allenatore, sempre vincente, che ancora adesso continua. Cominciai nel settore giovanile, minivolley, under 14, under 16, serie C maschile e femminile. Poi iniziai in serie A e vinsi i miei primi quattro campionati argentini col Ferrocarril Oeste (dal 1979 al 1982 ). Poi sono stato secondo allenatore della Nazionale Argentina che vinse la medaglia di bronzo ai Mondiali di 1982 e nel 83 sono venuto in Italia.

Chi è Julio Velasco fuori dal mondo del volley? Una persona come tutti gli altri.

Cosa pensa di Papa Francesco, argentino come lei, non l’ha mai incontrato?  Papa Francesco mi piace, s’impegna per i poveri, per i più deboli, ha anche cercato di combattere la pedofilia. Vuole fare dei cambiamenti che ritengo positivi. Non l’ho mai incontrato e poi io non sono credente.

 

(Franco Vittadini)