-Nella finale femminile degli Australian Open 2017 Serena Williams ha battuto la sorella Venus con un duplice 6-4. Una notizia clamorosa e allo stesso tempo una “non notizia”, per chi segue il tennis con una certa frequenza. Perché non erano in tanti, dopo le disfatte degli ultimi mesi, a credere che la più piccola delle sorelle Williams sarebbe riuscita ad esprimere per due settimane di fila un gioco capace di regalarle una vittoria in un torneo dello Slam; e allo stesso tempo erano in pochi a pensare che Venus, una volta compiuta l’impresa di regalarsi una finale nonostante la lotta quotidiana con una malattia autoimmune che porta il nome di sindrome di Sjögren, sarebbe riuscita a fare proprio oggi, quello che in una carriera pur straordinaria le è sempre riuscito peggio: battere la sorella. Rino Tommasi e Gianni Clerici, le due voci che ci hanno accompagnato nel periodo in cui i successi delle sorelle Williams rappresentavano la norma, erano soliti diffondere la teoria per cui Venus, la sorella più grande, non riuscisse ad essere abbastanza cattiva da sconfiggere Serena, la più piccola, che al contrario dal confronto con la maggiore sembrava trarre forza, ispirazione, stimoli. Noi non sappiamo se i due grandi vecchi del giornalismo sportivo italiano avessero ragione, non ci vogliamo improvvisare psicologi. Però una cosa, assistendo alla premiazione di questa finale, l’abbiamo capita davvero: Serena ha vinto, ma Venus non ha perso. Dicendo col sorriso sulle labbra, che anche quando era fuori per infortunio sentiva di vincere grazie ai successi della sorella, ha dimostrato che la finale di oggi rappresentava una formalità. E sì, più che il numero di Slam di Serena, che nel frattempo ha anche superato Steffi Graf toccando quota 23, bisognerebbe contare quelli delle sorelle Williams perché, come ha detto Serena, senza Venus, senza che quella voglia di primeggiare avesse fatto capolino nel suo spirito, non ci sarebbe stata neanche lei. Oggi Serena ha vinto, la dinastia della famiglia più vincente nella storia dello sport torna ad occupare le prime pagine, e chiamateci pure nostalgici, ma la sensazione di essere tornati indietro nel tempo (in attesa di Federer-Nadal) non è poi così brutta…(Dario D’Angelo)



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