Ci è voluto l’occhio di falco per consegnare a Roger Federer la vittoria degli Australian Open 2017: il dritto a incrociare sulla riga, al termine di tre ore e 37 minuti di battaglia, consegna al Re lo Slam numero 18 (il quinto a Melbourne). Sono passati quattro anni, sei mesi e 21 giorni da quel pomeriggio allAll England Lawn Tennis and Croquet Club di Londra, data che fino a oggi sanciva lultima volta in cui Federer aveva messo le mani su un Major. Il numero 18 arriva nel modo più bello: contro Rafa Nadal, lavversario di una vita. Che lo aveva battuto 23 volte sui 34 incroci, e che si era preso le ultime quattro finali Slam; lultima però era stata nel giugno 2011, e da allora per entrambi è passata tanta acqua sotto i ponti. Il modo più bello è anche quello di arrivare al quinto set: sempre avanti nel punteggio, Roger si è trovato sotto di un break nel set decisivo, con tutta la pressione addosso e i vecchi fantasmi dellavversario più scomodo ad aleggiare tra gli spettatori della Rod Laver Arena. Il Melbourne Park doveva però essere il palcoscenico della rinascita del Re, e lo è stato: sotto 1-3, Federer ha infilato cinque game consecutivi lasciando le briciole a un Nadal che forse aveva fisicamente speso tutto nella lotta di nervi contro Dimitrov, ma che ancora una volta è andato oltre lostacolo portando la sua nemesi (perchè uno lo è dellaltro) fino a dove ha logicamente potuto. Un Nadal che oggi nel momento decisivo si è sciolto: un tempo era il suo punto di forza, oggi gli è costato il quindicesimo Slam. La finale forse non è stata bellissima dal punto di vista tecnico (ci sono stati 85 errori gratuiti e la media dei punti nei game di risposta è stata del 37,7%); forse la grande (e doverosa) attenzione mediatica ha portato a pensare che la finale degli Australian Open 2017 potesse essere il non plus ultra dellimpossibile. Così non è stato, ma conta il giusto: sicuramente importa poco a Federer, che allunga ancor più in una classifica di Slam vinti che lo vedeva già al comando per distacco. Lultima zampata del campionissimo? Chissà: non capita troppo spesso che Novak Djokovic e Andy Murray non giochino la seconda settimana di un Major, il tassametro corre e, spuntato anche lobiettivo di rivincere un grande torneo a tanti anni dallultimo, sono pochi i traguardi che lo svizzero può ancora rincorrere (ci sarebbe loro olimpico, ma nel 2020 il Re avrà quasi 40 anni). Le analisi sul futuro però possono aspettare: oggi si celebra giustamente una leggenda vivente che ancora una volta ha fatto qualcosa che nemmeno lui pensava possibile (le parole post-semifinale non erano di circostanza). Il più grande di sempre? Secondo chi scrive no; non perchè lo si reputi inferiore ad altri, ma perchè per stabilire se davvero Federer sia il più forte tennista mai comparso sui campi bisognerebbe fare paragoni tra epoche e avversari diversi e togliere qualche asterisco che non si può togliere (valga per tutti il ritiro di Bjorn Borg a 26 anni, o il Rod Laver che per quasi sei anni si diede al professionistico non giocando gli Slam – e con lui Ken Rosewall). Di sicuro Roger, oltre ad averne il numero maggiore, è il più anziano vincitore di uno Slam ed è quello che tra il primo e lultimo Major ha fatto passare più tempo – dimostrando di saper vincere a tutte le età: da questo punto di vista ha certamente ragione lui. E poi, a dirla tutta, conta davvero la palma del più grande? Oggi Federer è tornato a far emozionare tantissimi tifosi e appassionati, e torna a casa con un titolo. Già così è tanta roba, e ci possiamo accontentare.



(Claudio Franceschini)

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