Ore convulse quelle che hanno preceduto quello che doveva essere il “teorico” arrivo in Italia domani delle provette di Schwazer. Nel week end i legali della avevano presentato un’istanza al Tribunale di Bolzano per condizionare o quantomeno ritardare l’incidente probatorio affidato dal GIP Walter Pelino al RIS di Parma, chiamato a verificare il DNA o i DNA presenti nelle urine dell’ex marciatore altoatesino. Nell’istanza, dopo aver ribadito che non è affatto necessario effettuare l’analisi genetica del campione in Italia, la IAAF ha tirato fuori dalla manica che il campione A testato 2 volte a Colonia (a gennaio e ad aprile 2016)) risulta non sigillato ma semplicemente chiuso con il tappo e andrebbe quindi risigillato alla presenza delle parti per essere trasportato in condizioni di sicurezza. Ma – sostiene la – tale operazione è inutile in quanto si può semplicemente prelevare dal campione A una parte dei 22 ml di urina presenti nella provetta.



A tal proposito veniva allegata una perizia di un consulente genetista che fissa tale quantità in 10 ml. Questa perizia serve inoltre alla IAAF da pretesto per sostenere che anche il campione B (quello delle controanalisi, aperto e risigillato a giugno alla presenza delle parti in causa) può restare a Colonia: la quantità di urina presente (6 ml) perciò lo renderebbe inutilizzabile ai fini dell’analisi genetica. Tale impostazione è stata contestata dai legali di Schwazer che hanno invece interesse a verificare entrambe le provette, sia la A che la B, anche perché la stessa Azienda produttrice, la Berlinger, ha implicitamente riconosciuto che la sicurezza dei suoi manufatti – come ha dimostrato anche il rapporto McLaren – non è invulnerabile e non a caso ha annunciato sul mercato una nuova produzione più affidabile in tal senso.



A tale scopo la difesa di Alex Schwazer respinge il limite minimo di 10 ml indicato dalla perizia della IAAF e sostiene invece – con la consulenza del genetista Giorgio Porchera – che siano sufficienti pochi ml per ottenere un’analisi efficace, anche meno dei 6 ml del campione B e dunque esige sia trasportata in Italia anche questa seconda provetta. Morale? Il GIP Walter Pelino ha comunicato nel pomeriggio di aver rigettato anche questa istanza della sostenendo che “è singolare che ci si ponga solo ora a distanza di un anno il problema della sigillatura” e che la la (l’Agenzia mondiale antidoping), incaricata del trasporto, ha una procedura per non interrompere la catena di custodia e può affidarsi a un contenitore per trasportare le provette – questo sì – sigillato.



Quando si pensava che la non avesse più argomenti legali per opporsi domani al trasporto delle provette, ecco il colpo di scena : il GIP di Bolzano riceve una mail in cui la Wada notifica di non essere sicura di poter ottemperare alla ingiunzione del tribunale italiano perchè il laboratorio di Colonia non rilascia le provette se non in presenza di un ordine di un giudice tedesco! Clamoroso, visto che a seguito di rogatoria internazionale proprio la magistratura tedesca ha sequestrato le provette a favore della magistratura italiana. Ma anche un ingenuo capisce qual’è il giochino. Le provette infatti non appartengono al laboratorio di Colonia ma alla , quindi il laboratorio non ha alcun titolo per sindacare legalmente sulla vicenda.

Basterebbe un ordine della per farle consegnare, ma è ovvio che la ha usato il Laboratorio per fare ulteriore resistenza. E non è escluso che ci sia anche la complicità della visto che per due volte in queste settimane si è rifiutata di segnalare l’identità del designato trasportatore delle provette. Chi ha paura delle urine di Schwazer?