Paulo Dybala ha rilasciato una lunga intervista a Vanity Fair, parlando a 360 della sua vita nel mondo del calcio e alla Juventus. Un modo per parlare del suo punto di vista in un momento di certo non brillante per largentino, dopo un inizio di stagione che era stato invece sfavillante. Unintervista partita dagli inizi in Argentina, sognando nientaltro che un pallone: Guardavo la finestra e mi immaginavo nella piazza del paese, con un pallone tra i piedi. A scuola in realtà sono andato sempre bene. La mia famiglia mi ha impedito di abbandonarla anche quando il calcio sembrava essere diventata la priorità. Quando a Cordoba sono arrivato in prima squadra, mia madre ha litigato con i miei due fratelli che sostenevano dovessi lasciarla: Stai tranquilla, questa è una grande opportunità, le dicevano. E lei di rimando: Lo è anche studiare, soprattutto se a un certo punto in mano non ti resta nientaltro che un diploma



IL RAPPORTO CON IL PADRE

Il rapporto col padre è stato decisivo per renderlo un calciatore vero: morto per un tumore, quando avevo quindici anni. Fu un dolore fortissimo. Nei mesi precedenti non riusciva più a venirmi a trovare e il club mi fece andare a casa per un po di tempo. Sei mesi erano troppo pochi e mi venne la tentazione di mollare tutto. Mi sarebbe piaciuto parlare più a lungo con lui, affrontare una conversazione vera, chiedergli cosa provasse. 55 chilometri allandata e 55 al ritorno per portarlo a Cordoba a giocare, poi il primo piano in diretta quando era ancora minorenne, quando mancò la promozione in Primera Division con lInstituto de Cordoba. Poi è arrivata la maturità, larrivo in Italia, lambizione: Svegliarsi ogni giorno con un obiettivo in testa e cercare di raggiungerlo. Avere la capacità di accontentarsi del passo corto e non pretendere di volare. Sapere che ti migliori solo se non smetti di provarci.



“LE DONNE POSSONO CERCARE LA NOTORIETA'”

Ma Dybala dimostra anche una profondità quasi inusuale per un ragazzo della sua età che è già uno dei calciatori più importanti del mondo. Una posizione che non ha cambiato la sua visione della vita: Un calciatore il più delle volte è un uomo molto solo. Come le dicevo prima, le cose negative che ti accadono restano. E lasciano un segno. Per questo sono diffidente e per questo mi riesce difficile credere e avere totale fiducia nelle persone. Anche con le ragazze. Penso sempre che almeno il 90 per cento di loro non si avvicini a me per amore o per il mio bel faccino, ma per altro. Magari per approfittare della notorietà e ottenerne a sua volta. So che è triste dirlo, però è la verità. Il mio è un mondo in cui devi stare attento a molti aspetti, in cui se non guardi con attenzione alle cose soffri molto più di quanto tu non goda. Per questo dico ai bambini, godetevi il gioco finché resta tale. Dopo cambia. Cambia inevitabilmente. Riflessioni che vanno al di là del calcio in una stagione che, tra Juventus e Mondiale con lArgentina, sarà la prima decisiva nella carriera di Paulo Dybala.