I tifosi della Lazio hanno citato in giudizio gli arbitri Piero Giacomelli e Marco Di Bello, rispettivamente di gara e video assistance referee di Lazio-Torino. I promotori dell’azione, un gruppo di sostenitori biancocelesti, si sono affidati allo studio legale Previti, che ha notificato l’invito alla negoziazione assistita, primo passo verso la citazione in giudizio, ai due arbitri. Nel mirino la mancata rilevazione del fallo di mano, che avrebbe privato «la squadra di un sacrosanto calcio di rigore. I tifosi della Lazio hanno poi evidenziato un altro «grave errore, commesso da entrambi i direttori di gara, per non avere sottoposto ad on field review l’episodio tramite Var. Non solo, «tutto ciò è stato aggravato dal fatto che, pochi secondi dopo, nell’ambito della stessa azione, l’intervento del VAR è stato richiesto in merito al contatto tra il difensore del Torino Burdisso e l’attaccante della Lazio Immobile, in occasione del quale è stato commesso l’ulteriore errore dellespulsione del giocatore della Lazio, lasciando impunito il giocatore del Torino.



GIACOMELLI NEI GUAI: DALLA CAUSA DEI TIFOSI ALL’INCHIESTA FIGC

I tifosi della Lazio non intendono solo citare in giudizio Piero Giacomelli e Marco Di Bello, ma hanno anche chiesto il risarcimento dei danni. «In ciò l’iniziativa si differenzia da analoghe azioni preannunciate in questi giorni, basate sulla tutela di interessi collettivi – leso nel proprio diritto di poter vivere la propria passione sportiva al riparo da condizionamenti illeciti, in quanto fondati su condotte connotate da inaccettabili profili di colpa, si legge nell’atto recapitato ai due direttori di gara. I problemi per Giacomelli non finiscono qui: il Procuratore federale Giuseppe Pecoraro ha deciso di aprire un fascicolo sull’arbitro triestino. A inguaiarlo un profilo Facebook a lui riconducibile: c’è un’immagine di Francesco Totti intento a segnare un rigore per la Roma. Foto inopportuna e attività social vietata: ce ne sarà abbastanza per deferirlo? Il regolamento vieta l’uso di nickname per impedire l’identificazione di un profilo su un social network. E prevede espressamente il divieto di “partecipazione a gruppi di discussione, posta elettronica, forum, blog, social network o simili in modo anonimo, ovvero mediante utilizzo di nomi di fantasia o nickname atti a impedire l’immediata identificazione del suo autore”.

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