-Riccardo Riccò ripiomba nel tunnel del doping, questa volta da spacciatore. Almeno, secondo quanto si legge su Il Resto del Carlono, per i Nas di Parma e Sassuolo, impegnati in una maxi-inchiesta volta a verificare un presunto giro di sostanze dopanti risalente alla stagione 2013/2014. Sempre secondo quanto riportato da Il Resto del Carlino, oltre al “Cobra” di Formigine sarebbero indagate altre 7 persone, tutte legate al mondo del ciclismo amatoriale, che con Riccò sarebbero stati rinviati a giudizio, con l’udienza preliminare fissata per il prossimo 31 maggio. Secondo la tesi degli inquirenti, Riccò e gli altri avrebbero individuato in un negozio pedemontano destinato alla vendita di bicicletta la base ideale per procedere agli scambi di sostanze dopanti. Si parla di EPO (eritropoietina) e CERA (ovvero l’EPO di “terza generazione”) ma anche del farmaco Contramal, che Riccò avrebbe acquistato e poi rivenduto a sua volta. 



Obiettivo dei cicloamatori era quello di alterare le proprie prestazioni sportive a fronte dei rischi determinati dall’assunzione di sostanze dopanti. Riccò, condannato nel 2012 dal Tribunale Nazionale Antidoping a 12 anni di squalifica con l’accusa di auto-emotrasfusione, era stato sospeso nel 2011 dopo che si era reso necessario il ricovero per un blocco renale causato dalla trasfusione di una sacca di sangue che conservava in frigo da alcuni giorni. Lo scalatore di Formigine, dopo la squalifica – che di fatto sancisce la sua esclusione a vita dal ciclismo professionistico visto che scadrà quando avrà ormai 40 anni – da qualche tempo lavora come gelataio a Tenerife. Il suo legale, l’avvocato Fiorenzo Alessi, per il momento ha negato la possibilità che Riccò sia coinvolto in questa vicenda: “Riccardo si è dichiarato da subito innocente e del tutto estraneo alla vicenda e non è mai stato chiesto linterrogatorio”.

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