Si prende Roma, vince il Master 1000 degli Internazionali dItalia 2017 a 20 anni, un mese e un giorno ed entra per la prima volta nella Top 10 del ranking Atp. Possiamo partire da qui per raccontare quanto accaduto al Foro Italico nella scorsa domenica: spesso le cifre e le statistiche parlano più di quanto sembri. Concetto ancor più vero nel caso di questo tedesco di Amburgo, nato il 20 aprile 1997, che ieri ha demolito Novak Djokovic (che sarebbe pur sempre il numero 2 Atp e il dominatore delle ultime stagioni) senza fargli vedere una sola palla break e perdendo appena nove punti nei suoi turni di servizio (una sola volta il serbo è arrivato ai vantaggi): una prestazione strabiliante, ancor più di quella che Sascha (questo il soprannome, che tradisce origini orientali) aveva messo in mostra contro uno sconsolato Stan Wawrinka a Miami.



Allora però era un ottavo, e subito dopo Zverev aveva perso contro Nick Kyrgios; se è vero che ogni match fa storia a sè, è altrettanto vero che la finale di un Master 1000 conta qualcosina in più a livello psicologico. Veder giocare Zverev sul centrale del Foro Italico è stata unesperienza sublime: ognuno ha il proprio personale momentum o la sua epifania, per chi scrive è giusto riconoscere che il trionfo romano del ventenne tedesco rivaleggia con certi successi del Pete Sampras di – purtroppo – anni fa. Il che non significa certo mettere in discussione tutto quanto è passato tra uno e laltro.



Se vogliamo parlare di numeri, diciamo che alla fine della stagione in cui ha compiuto 20 anni Roger Federer aveva vinto un solo titolo Atp (a Milano); Novak Djokovic ne aveva 7, Rafa Nadal era già a quota 17. Discorsi relativi: importanti ma non decisivi, perchè se andiamo poi a guardare come si è sviluppata la carriera dei tre mostri sacri non è necessariamente quello con più trionfi da adolescente ad aver lasciato il segno pù indelebile sul campo. E allora parliamo di altro: del fatto che a 20 anni Zverev può davvero rappresentare la prima alternativa ai big Four, che si alternano in vetta al ranking da 13 anni e tre mesi. Ridendo e scherzando il più giovane di questo poker, Djokovic, compie oggi 30 anni: quasi assurdo che il mondo del tennis non abbia ancora prodotto giocatori in grado di spezzare il dominio.



A volte è successo, per esempio con Wawrinka e Marin Cilic che però sono venuti fuori tardi e lasciando intendere a un periodo doro e nulla più (un conto è essere forti per mesi o anche una manciata danni, un altro è restare al top per quasi tutta una carriera); di sicuro rimpiangiamo ancora i polsi tanto fragili di Juan Martin Del Potro, uno che dove è oggi Zverev ci era arrivato più o meno nello stesso momento, e che forse resta ancora lunico che, a parità di condizione, possa battere regolarmente i quattro di cui sopra. Lanomalia, se vogliamo chiamarla così, è rappresentata dalle generazioni di mezzo: quella dei Kei Nishikori e dei Cilic, dei Dolgopolov e dei Ryan Harrison, e poi ancora dei Goffin, Dimitrov, Milos Raonic e tutti i nati a cavallo degli Ottanta e dei Novanta.

Giocatori che sono arrivati anche nei primi 10, hanno giocato finali importanti, hanno avuto grandi momenti, ma non hanno mai fatto il vero salto di qualità per avvicinare anche solo la prima posizione della classifica mondiale. In tal senso la nuova speranza si chiama Dominic Thiem, recente finalista a Madrid; e poi arriva Zverev, che fa parte di unaltra generazione ed è riuscito a scavalcare quella precedente. Rappresenta il prototipo del giocatore moderno: altezza (sfiora i 2 metri) ma grande agilità, non il solito lungagnone incapace di reagire a un drop shot ma invece reattivo e scattante, e con varie soluzioni da fondo campo (ha fatto ammattire Djokovic a furia di palle corte e ha già un rovescio lungo linea devastante).

Ripetiamo: il tennis è uno sport strano, nel quale non si resetta mai nulla e ogni stagione prescinde da quella precedente (su questo bisognerebbe aprire un capitolo a parte). Soprattutto il meccanismo del win or go home può essere facilitante in qualche caso ma poco gestibile in altri; potrebbe succedere che adesso Zverev non vinca più niente per tre anni per poi tornare dominante, oppure che arrivi ai 23 anni con la bacheca piena di titoli e scompaia improvvisamente. Di certo però questo ragazzo merita oggi le prime pagine: il nuovo Federer si diventa al termine di tutta una carriera, oggi nessun paragone ma tanta fiducia, perchè linizio è assolutamente quello giusto.