Chiacchierando sui social circa la sorprendente vittoria di Jelena Ostapenko al Roland Garros, a chi scrive è stata rivolta una domanda sulle condizioni del tennis femminile. Ovvero: cosa significa per il circuito Wta che una semisconosciuta lettone di 20 anni (compiuti da due giorni) abbia vinto un titolo Slam? Rovesciando il discorso, si può aprire la stessa discussione sul torneo maschile: in che modo possiamo leggere il decimo Roland Garros di Rafa Nadal e, pochi mesi prima, il trionfo del trentacinquenne Roger Federer agli Australian Open?



Un excursus storico prima di tutto: quando Chris Evert dominava il tennis femminile, di lei si diceva che avesse un gioco noioso e monocorde, inchiodata alla riga di fondo e in grado di palleggiare anche per ore (ma, racconta chi giocava contro di lei, ogni singola palla arrivava con effetto e forza diversi). Poi arrivò Martina Navratilova, e di fronte alla sua assoluta imbattibilità le opinioni riguardavano il fatto che avesse un fisico “fuori portata” e quasi “irregolare” (sì, ricorda la storia di Serena Williams). Come dire, chi troppo vince può risultare antipatico (nella peggiore delle ipotesi) o stancante (nella migliore).



Il problema resta: che momento sta vivendo il tennis di oggi? Da una parte abbiamo un’adolescente che sbanca Parigi e, senza aver mai vinto un singolo titolo da professonista, mette in bacheca uno Slam; dall’altra c’è un veterano che raccoglie il quindicesimo Major e torna a vincerlo a tre anni dall’ultimo, quando tanti (quasi tutti) lo davano per finito. C’è un dato però che accomuna i due circuiti: nel tennis femminile solo tre giocatrici nate negli anni Novanta (Petra Kvitova, Garbine Muguruza e appunto la Ostapenko) hanno vinto uno Slam. Nel tennis maschile il dato è addirittura zero; nel 2017 i nati nel 1990 compiranno, o hanno già compiuto, 27 anni.



Un’età alla quale Federer e Nadal avevano vinto 13 Slam, ma ne aveva 7 Novak Djokovic e, con un tuffo nel passato, Pete Sampras ne aveva 11, Ivan Lendl 8 e Jimmy Connors 5. Da cui la domanda: sono troppo più forti gli altri oppure le alternative non sono tali? Domanda legittima quando c’è un’era di dominio: i detrattori di Federer potrebbero dire che lo svizzero ha raccolto quasi tutti i suoi Slam in un periodo di ricambio generazionale e senza avversari di vero peso, e che nel momento in cui sono maturati gli altri (Nadal e Djokovic) il Re ha improvvisamente smesso di cannibalizzare il circuito Atp. I “nemici” di Rafa, d’altro canto, possono affermare che il Federer sfidato e battuto (a Wimbledon soprattutto) fosse già in calo, e che il vero Djokovic sarebbe venuto fuori soltanto dopo.

Cosa è vero e cosa no? La domanda merita di restare aperta. Così come quella sulla Ostapenko: è nata una campionessa o si tratta di un successo passeggero? La stessa domanda che ci si poneva quando la sedicenne Evert giocò la semifinale a Forest Hills, Monica Seles lo fece a 15 anni al Roland Garros e Jelena Dokic la semifinale la raggiunse a Wimbledon appena diciassettenne. La Ostapenko ha giocato una finale strepitosa come aggressività e attacco costante all’avversaria; però, ci fosse stata una tra Williams, Sharapova e Azarenka dall’altra parte della rete, forse la vittoria non sarebbe arrivata. Fa parte del gioco, ma l’obiezione da avvocato del diavolo è utile: paradossalmente Serena Williams ha vinto più Slam quando certe giocatrici (Hingis, Henin, Clijsters) si sono ritirate, mentre Caroline Wozniacki, per 67 settimane numero 1 Wta, non ha mai vinto uno Slam e ha giocato zero finali mentre era la prima al mondo.

In conclusione, è vero che gli anni Settanta sono stati l’età dell’oro della Wta, e forse dobbiamo assodare che negli Ottanta e Novanta il tennis maschile ha avuto una dimensione irripetibile per la quantità di grandi giocatori che si alternavano nella vittoria degli Slam; forse però c’è chi preferisce che nell’albo d’oro del Roland Garros otto giocatrici diverse abbiano vinto le ultime dieci edizioni, o che tra il 2006 e il 2010 Federer e Nadal abbiano vinto 18 dei 20 Slam disponibili, scontrandosi in 7 finali senza che nessun altro riuscisse a spezzarne il dominio. Perciò, in che condizioni è il tennis di oggi? Da una parte dominano i veterani, dall’altra è un’occasione per tutti: per sapere davvero il periodo che avremo vissuto, probabilmente, dovremo guardarci indietro tra qualche anno e giudicare con il giusto distacco. Il che, naturalmente, non ci impedisce di godere della “Decima” di Nadal o dell’epifania della Ostapenko già oggi.