E se alla fine il vero fenomeno della Next Gen fosse Hyeon Chung? A voler guardare i risultati in arrivo dagli Australian Open è così: il sudcoreano è ai quarti dopo il tremendo 3-0 inflitto a Novak Djokovic (7-6 7-5 7-6), uno che in carriera ha vinto sei volte al Melbourne Park e ha una bacheca con 12 Slam e 68 titoli. Eravamo intenti a elogiare – con buona ragione – le grandi imprese di Alexander Zverev, a verificare i progressi mentali di Andrey Rublev, ad ammirare la tecnica di Denis Shapovalov: tutto giusto e corretto, ma Hyeon Chung è passato inosservato fino a qui e ha aperto la stagione 2018 battendo in successione Mischa Zverev, Daniil Medvedev (suo coetaneo), proprio Sasha Zverev e poi incredibilmente Djokovic, che non giocava da sei mesi e aveva problemi ad un gomito ma resta pur sempre Djokovic contro un ventunenne arrivato dal nulla. Sbagliavamo noi: a metà novembre, dopo aver trionfato al primo Atp Next Gen della storia, pareri autorevoli (che trovate qui) ci avevano parlato di un giocatore solidissimo, non esaltante nelle soluzioni ma tranquillo e poco incline al “chocking” che invece ha già tradito alcuni colleghi (Zverev su tutti, anche se non fa piacere ammetterlo). Eppure le regole erano quelle del Fast4 Tennis si era detto; quelli davvero forti sono altri, pensavamo, e anche nel pronosticare l’esito degli Australian Open lo avevamo lasciato fuori dai primi 10 del power ranking. Errore che ci ha fatto pagare: Chung è ai quarti, e giocherà contro l’altra sorpresa Tennys Sandgren per un posto in semifinale.



CHI E’ CHUNG

“Mi basta solo stare in campo insieme a Djokovic”: così Hyeon Chung aveva presentato la super sfida che si è giocata in mattinata alla Rod Laver Arena. Nole è stato il suo idolo di infanzia e adolescenza: ne ammirava la forza mentale sul campo, e non c’è da stupirsi se oggi guardando questo coreano classe ’96 pare di vedere, ancora con le dovute proporzioni, un giovane serbo che inizia a dominare il circuito. Quella di Chung è una storia particolare: ha iniziato a giocare a 6 anni insieme ai suoi genitori (il padre ha giocato e oggi è un allenatore) ma il piccolo Hyeon aveva problemi alla vista (ancora oggi scende in campo con vistosi occhiali). L’oculista che lo aveva in cura disse a mamma e papà che guardare di continuo il colore verde gli avrebbe portato benefici: così i campi in erba, o in cemento ma colorati di verde, furono una scelta dettata dalla necessità che si unì ad una passione che stava crescendo. I passi di Chung sono stati rapidi: nel 2015 i colleghi lo hanno votato come giocatore più migliorato rispetto alla stagione precedente. Tuttavia, a questi Australian Open il coreano è arrivato senza titoli Atp se non appunto la Next Gen, che resta qualcosa di particolare; prima di questa grande corsa aveva un terzo turno al Roland Garros e poco altro negli Slam, aveva vinto 8 Challenger nel giro di due anni e mezzo ma ancora non veniva considerato un potenziale fenomeno. Lo erano invece gli Zverev e i Rublev, appunto: che lo diventeranno probabilmente, ma Chung appartiene a una categoria diversa, quella dei tennisti che, pur senza lasciarti a bocca aperta per un dritto lungolinea in corsa o una volée in allungo a filo riga, quando arriva il momento non sbagliano mai e vincono innanzitutto con la testa. Uno di loro è Andy Murray, il grande esempio è appunto Djokovic, e allora non stupiamoci se tra qualche tempo si potrebbe parlare di questo ottavo a Melbourne come di un passaggio di consegne.



LA FINALE CONTRO QUINZI

Eppure, noi italiani di Hyeon Chung avevamo sentito parlare già cinque anni fa. Luglio 2013, Wimbledon juniores: il coreano non partiva con una testa di serie ma faceva fuori nel corso del torneo Nick Kyrgios (numero 1), Borna Coric – due mesi più tardi vincitore degli Us Open – e Maximilian Marterer, che abbiamo visto al terzo turno di questi Australian Open. In finale Chung aveva incrociato il nostro Gianluigi Quinzi, che lo aveva battuto per 7-5 7-6: quel giorno a Londra, anche a causa della diffusa pratica tutta tricolore di farsi trasportare dai trionfi e magari renderli più colorati di quanto siano, era il marchigiano a essere indicato come campione in erba e con un futuro radioso, mentre il povero sconfitto finiva nel dimenticatoio. Com’è andata a finire? Siamo evidentemente solo all’inizio di una storia che potrebbe essere lunghissima, ma oggi Hyeon Chung è il primo giocatore della Corea del Sud ai quarti di uno Slam (non che se ne ricordino altri tra i più competitivi di sempre), mentre Quinzi è numero 334 Atp, non ha mai vinto un titolo pro, ha cambiato parecchi allenatori da quel pomeriggio di Wimbledon e ha in bacheca appena 9 Futures. Certo: a tre anni da oggi il quadro potrebbe essere ribaltato, ma alzi la mano chi avrebbe pronosticato un esito simile. Forse Hyeon Chung sì: a guardarlo in campo, nel vedere la sua clamorosa vittoria su Djokovic, viene da pensare che questo ragazzo di 21 anni lo sapesse da sempre, che un giorno sarebbe arrivato dov’è oggi, e che magari potrebbe anche non essere finita qui.

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