Sapevano che Alex Schwazer si dopava e non hanno fatto nulla per impedirlo. Sei anni dopo il tribunale di Bolzano ha condannato per favoreggiamento del doping due medici della Fidal, Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto, mentre Rita Bottiglieri, all’epoca impiegata nella segreteria federale, è stata condannata a nove mesi di reclusione. Una sentenza storica, contro cui gli interessati hanno già detto di voler ricorrere in appello. Sandro Donati, da sempre in prima fila nella lotta al doping, ritiene che questa sentenza metta in luce le responsabilità dell’ambiente e faccia inquadrare «in una prospettiva ben chiara la presunta seconda positività dell’atleta riscontrata il 1° gennaio 2012». Per la prima volta vengono sanzionate persone diverse dall’atleta ed è molto importante «perché l’atleta spesso è l’ultimo anello della catena». Una brutta storia che si lega al secondo caso di doping: «Nessuna autorità italiana dell’antidoping italiana è mai intervenuta per difendere Schwazer rispetto alle vessazioni imposte dalla Iaaf e che il Tribunale Arbitrale Sportivo ha subito passivamente come quando ha costretto Alex all’udienza a Rio in piene Olimpiadi e non a Losanna. È stata colpita vigliaccamente la persona a terra». (agg. di Silvana Palazzo) Clicca qui per il commento di approfondimento, esclusiva con Nando Sanvito
LA PROCURA ANTIDOPING DEL CONI LI AVEVA ASSOLTI…
Svolta nel caso doping Alex Schwazer: i medici Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto sono stati condannati a due anni ciascuno per favoreggiamento. L’ex dirigente Vidal Rita Bottiglieri invece è stata condannata a nove mesi. Secondo la sentenza tutti e tre erano a conoscenza dell’uso di sostanze dopanti da parte di Alex Schwazer, prima dei Giochi 2012, ma non hanno denunciato i fatti. L’avvocato Gerhard Brandstaetter, legale dell’ex marciatore, non si sbilancia: «Prima di commentare una sentenza, alla quale non ho direttamente assistito, voglio comunque vedere e leggere le motivazioni». Ancora una volta, però, mentre lo sport assolve (erano stati scagionati dalla Procura antidoping del Coni), la magistratura condanna. Ciò deve fare riflettere sul ruolo e le capacità di organismi che non hanno alcuna credibilità, visto che sono autoreferenziali. Se ci sono interessi in ballo, lo sport non può controllare se stesso. In ogni caso l’avvocato Brandstaetter si è detto fiducioso per quanto riguarda il braccio di ferro che va avanti da mesi tra Bolzano e Colonia per la consegna delle provette d’urina e l’atteso controesame in Italia: «Una disposizione di un tribunale non può semplicemente essere ignorata. Attendiamo con fiducia la prossima settimana altrimenti intraprenderemo provvedimenti giuridici». Il laboratorio antidoping di Colonia, infatti, non ha ancora autorizzato il trasporto delle provette in Italia per l’esame del Dna, disposto dal gip Walter Pelino. (agg. di Silvana Palazzo)
CONDANNE SUPERIORI ALLE RICHIESTE PER I MEDICI PRO-DOPING
Si può dire con certezza a questo punto: Alex Schwazer, dopo la notizia clamorosa che arriva dal tribunale di Bolzano, “stravince”. Dimostra in un solo colpo che quanto ha sempre riferito ai giudici è la verità e che qualcosa inizia a muoversi nel mare magnum del processo per doping sulla nota vicenda dell’ex campione olimpico di Marcia. Due anni di condanna e l’interdizione della professione medica per lo stesso periodo: questo hanno ricevuto i medici della Fidal, Giuseppe Fischetto e Pierluigi Fiorella, dopo il verdetto di primo grado del giudice Carla Scheidle del tribunale di Bolzano. In particolare, i due medici sono ritenuti responsabili di favoreggiamento nel primo doping di Schwazer (ovvero quello confessato prima dell’Olimpiade di Londra); la condanna oggi è arrivata anche per Rita Bottiglieri, funzionaria della Fidal impegnata in quel tempo, 2012, nel settore antidoping della Fidal, a nove mesi. Condanne ben oltre alle richieste del pm con qualche possibile novità che potrebbe emergere nei prossimi tempi anche sull’altra vicenda, quella che vede Schwazer estromesso in maniera alquanto sospetta dalle ultime Olimpiadi di Rio. «Le condanne confermano che Alex davanti ai giudici ha detto la verità, e ora sono fiducioso anche per quanto riguarda il braccio di ferro tra Bolzano e Colonia. Una disposizione di un tribunale non può semplicemente essere ignorata. Attendiamo con fiducia la prossima settimana altrimenti intraprenderemo altri provvedimenti», spiega l’avvocato del marciatore, Gerhard Brandstaetter. (agg. di Niccolò Magnani)
PRESTO LA SVOLTA?
Non è ancora stata fissata una data di consegna della provetta contenete le urine di Alex Schwazer, su cui il Ris di Parma dovrà effettuare le analisi per verificare se ci sia stata o meno una manipolazione, tesi sostenuta dalla difesa del marciatore. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano, Walter Pelino, ha inviato un fax al Procuratore di Colonia con la richiesta di fissare urgentemente una data. Inoltre, ha chiesto contestualmente che si decida chi si dovrà occupare del trasporto e che vengano fornite tutte le informazioni necessaria al perito sulla catena di custodia e conservazione della provetta. Il caso giudiziario si fa sempre più contorto, quindi proviamo a fare un po’ di ordine. Le urine di Alex Schwazer si trovano 20 gradi sottesero in un frigorifero sigillato del Manfred Donike Institut di Colonia, il più antico laboratorio antidoping del mondo.
A un anno dal sequestro delle urine, il mistero si infittisce: cosa teme il laboratorio di Colonia? Perché la Wada si sta opponendo da mesi alla richiesta della magistratura italiana? Perché la Iaaf ha cercato in tutti i modi di frenarla, come emerso dalle mail hackerata da Fancy Bear? Come riportato dal Corriere della Sera, qualcuno forse teme la nuova analisi. I Carabinieri infatti vogliono effettuare l’esame genetico decisivo per chiudere o riaprire la vicenda che ha portato alla maxi squalifica di Alex Schwazer, oro olimpico di Pechino 2008: 8 anni, in quanto recidivo, per positività al testosterone.
ALEX SCHWAZER, COME È COMINCIATO L’INCUBO…
Il caso della seconda positività di Alex Schwazer è scoppiato prima dei Giochi 2016. Il 21 giugno di quell’anno venne diffusa la notizia della positività di un suo campione di urine prelevato il primo gennaio, campione che era però risultato negativo ad una prima analisi standard. Il successivo test (IRMS) più approfondito ha invece rilevato la presenza di metaboliti di testosterone nelle urine, accertando quindi la positività. Lo staff del marciatore lo difese affermando che era in quantità minime e quindi non in grado di avere effetti dopanti. L’atleta convocò una conferenza stampa per respingere le accuse di doping, definendole «false e mostruose» e annunciando una denuncia contro ignoti perché ci sarebbero delle incongruenze nel controllo antidoping. La IAAF però l’8 luglio 2016 lo sospese con effetto immediato dopo che anche le controanalisi diedero esito positivo. Il legale di Alex Schwazer annunciò ricorso, denunciando appunto una manipolazione esterna sul campione di urine prelevato il primo gennaio. Il ricorso venne respinto dal Tar e il marciatore squalificato per otto anni.
La Corte d’Appello di Colonia ha prima disposto l’utilizzo del solo campione A, già aperto, poi, dopo una nuova istanza da Bolzano, disposto la consegna anche del campione B. Da allora il caso è rimasto senza soluzione definitiva. Per dirimere la questione si sarebbe già dovuto procedere con il test del Dna, risolutivo per entrambe le parti, ma le provette sono state bloccate in Germania, nonostante il gip Walter Pelino abbia fatto tutti i passi necessari, nominando il colonnello Giampiero Lago, responsabile del Ris di Parma, come perito responsabile. La vicenda potrebbe vedere una soluzione entro il prossimo febbraio.